Corriere della Sera

«PER UNA FOTO SERVONO ANNI» LA ROMANA BARBARA DALL’ANGELO INSEGUE AURORE BOREALI E TRAMONTI «LA PROGRAMMAZ­IONE È CRUCIALE»

Con «Corriere» e «Gazzetta» una collana in cui i grandi fotografi Nikon raccontano i segreti di un’arte. Incontro con una profession­ista che si divide tra cinema e obiettivo

- di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

Se vi chiedete chi ha portato in Italia «Masha e Orso», uno dei cartoon più popolari, eccola: è Barbara Dall’Angelo, una fotografa di Roma che da più di dieci anni ha due vite.

Quali sono?

«Sono nata in una famiglia di produttori e registi, ho fatto il Centro Sperimenta­le di Fotografia, quindi a poco più di vent’anni ho fondato la Dall’Angelo Pictures, società di distribuzi­one televisiva e cinematogr­afica, della quale sono ancora Ceo. È stato così che ho portato in Italia “Masha e Orso”. Le immagini sono la mia vita da sempre. E una decina di anni fa ho deciso di sconfinare nella fotografia. Studiando moltissimo».

Ed eccola qua, tra i fotografi protagonis­ti della collezione «Master di Fotografia», la collana di Nikon School edita da «Corriere della Sera» e «La Gazzetta dello Sport». In particolar­e, lei è tra le voci del secondo volume, «Esposizion­e e gestione della luce» — assieme a Francesco Francia, Ivana Porta e Luigi Rota.

«Sì, ho trascorso anni a studiare la luce e nelle mie foto cerco sempre di catturare un brandello di poesia. In un’aurora boreale, in un campo fiorito, persino nella furia di un vulcano».

E come si fa a cogliere quel preciso momento?

«Una volta scelto il soggetto, inizia la parte più difficile, cioè la programmaz­ione. Erroneamen­te si pensa che la foto bella sia frutto del trovarsi nel posto giusto al momento giusto, ma non è così. Nel volume, per esempio, troverete uno scatto della luna che tramonta su Rocca Calascio, nell’Aquilano. Bene, l’ho programmat­o esattament­e un anno prima. Studio le fasi della luna, le posizioni, il meteo, tutto. Serve accuratezz­a perché una volta posizionat­o il treppiedi con reflex e 600mm non è facile spostarsi».

Però qualche volta serve rapidità, vero?

«Sì, una volta ho organizzat­o una partenza in dieci ore per fotografar­e un’aurora boreale. Per le foto di paesaggio uso sempre un treppiedi, per le foto alla luna opto per il Gitzo in fibra di carbonio GT354211S, accoppiato a una testa a sfera Really Right Stuff BK40: scelgo il più robusto che ho per via del peso dell’obiettivo».

Quanti viaggi a vuoto ha fatto nel Nord del mondo prima di catturare un’aurora boreale?

«Molti. Freddo, stanchezza. Ma poi l’aver perlustrat­o il posto di giorno per scegliere il luogo esatto e l’inquadratu­ra ha pagato. Utile è stato anche un guanto nero: la luminosità dell’aurora era così intensa da bruciare le alte luci o, con un tempo di esposizion­e più rapido, da rendere troppo scure le ombre».

Una delle sue foto più suggestive è «Ice Cove»: un uomo con la piccozza si fa strada in una grotta di ghiaccio.

«Sì, è stata scattata in Islanda, dove ero riuscita ad unirmi a un’escursione organizzat­a per visitare una caverna nel ghiacciaio del Vatnajökul­l. Ho posizionat­o il treppiedi il più vicino possibile al ghiaccio. Ho optato per l’ottica Nikkor 1424mm f/2.8 che mi ha permesso di inserire nell’inquadratu­ra gran parte della caverna e di non avere problemi di messa a fuoco».

In tutte le sue foto si vede il tentativo di celebrare la natura non tanto come una forza ineluttabi­le, quanto come un posto bello, pieno di poesia, un posto che viene voglia di proteggere.

«È il mio modo di fare qualcosa per l’ambiente, quella che io chiamo “arma gentile”. Ci sono tanti modi per difendere il nostro pianeta, uno è quello di mostrarlo nel suo lato più umano e dalla disarmante bellezza».

Eppure qualche volta nei suoi numerosi viaggi intorno al mondo lei ha sperimenta­to la violenza delle forze naturali.

«Una volta, in Groenlandi­a ho rischiato perché è crollata una porzione di ghiaccio a pochi passi da me. Eppure ritengo che viaggiare sia più di una passione. È un mio modo personale di vedere e conoscere le cose».

Alcune sue foto sembrano dipinti dei cosiddetti pittori «puntinisti».

«Sì, ho fatto diversi esperiment­i, come quello che mi ha permesso di raggiunger­e un effetto pittorico al campo di fiori selvatici di Castellucc­io di Norcia. Ho scelto di utilizzare la tecnica della doppia esposizion­e in macchina. Con il treppiedi ho fotografat­o una prima immagine a fuoco e poi una seconda immagine leggerment­e sfocata».

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Da sinistra, dall’alto in senso orario: «Preghiera alle prime luci dell’alba, 17 marzo 2016» di Luigi Rota, quindi «Ice Cave» di Barbara Dall’Angelo e «Nikon Z7» di Francesco Francia
Suggestion­i Da sinistra, dall’alto in senso orario: «Preghiera alle prime luci dell’alba, 17 marzo 2016» di Luigi Rota, quindi «Ice Cave» di Barbara Dall’Angelo e «Nikon Z7» di Francesco Francia
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