«La mia vita in un brano»
Il personaggio L’autore in corsa a Hollywood per «Io sì (Seen)», miglior canzone del film interpretato da Loren Niccolò Agliardi candidato all’Oscar con Pausini «Ho insegnato ai miei figli a non essere invisibili»
Bisognerà fare spazio sulla mensola. «Non rispondo alla provocazione». Niccolò Agliardi è candidato agli Oscar - con Laura Pausini e quella hit maker mondiale di Diane Warren - per «Io sì (Seen)», colonna sonora di La vita davanti a sè con Sophia Loren. Il cantautore milanese, 46 anni, mostra il Golden Globe vinto per la stessa canzone e sorride. «È arrivato con un FedEx. Quando lo guardo penso che da piccoli si tracciano delle strade e io ho sulla mia seminato qualcosa. Poi è la natura che fa nascere fiori da dove non ti aspetti».
Nel film Sophia è una ex prostituta che aiuta altre ragazze di strada tenendo i loro figli. Lei è papa affidatario: il testo nasce da questa esperienza?
«La frase chiave della canzone è: “se vuoi io sono qui”, il senso dell’accoglienza è lì dentro. Non puoi salvare un altro se lui non vuole, ma se ha la volontà di entrare nella vita di un altro, e c’è volontà reciproca è un buon inizio».
La sua esperienza come papà affidatario?
«Ho avuto una prima esperienza qualche anno fa con Francesco che adesso ha esaudito il desiderio della sua vita, tornare con la mamma biologica. Sam sta con me da un paio d’anni, ne ha 16 e ha una storia controvento: una famiglia disfunzionale, ma lui, invece di perdersi come i fratelli, ha deciso di resistere al destino. Si è legato a questa seconda vita come un aquilone. Nella canzone emerge anche il tema dell’invisibilità che è peggio del non esistere. A Francesco prima e Sam ho cercato di dare proprio l’idea di non essere trasparenti».
Autore di successo, cantautore in proprio, due romanzi che stanno per diventare film, conduttore radio: chi è Niccolò Agliardi?
«Un giovane uomo che ha fatto della parola il proprio mestiere. Da qualche anno vedo mancanza di rispetto attorno alla canzone e allora posso permettermi di scrivere delle storie per altre forme di espressione, per non forzare la verità in quei tre minuti e mezzo».
Non la convince la nuova canzone italiana?
«Non voglio farmi sedurre dalla lusinga del passatismo, ma adesso le canzoni durano meno delle mode. Si lavora in tanti assieme chiudendo un brano in una giornata anche se vedo che qualcuno - La rappresentante di lista, Willie Peyote, Coma Cose o Fulminacci - ha un tempo di scrittura che va oltre il pomeriggio. Io sulle parole ci voglio lavorare anche per giorni. E poi, per citare De André, “nella penna di un autore l’inchiostro non è infinito”».
Che è stato il suo primo contatto professionale con la musica: assistente al suo ultimo tour. Ricordi?
«Le parole di Fabrizio non corrispondevano all’azione. Ho protetto l’idea che avevo del mito tenendomi a due metri di distanza».
Ha fatto degli album a suo nome e ha scritto per altri. La prima hit?
«È arrivata grazie all’incontro con Laura Pausini. La prima cosa che mi chiese fu: “di che segno sei?”. Siamo nati a poche ore di distanza, ma in mezzo c’era la mezzanotte e il giorno non è lo stesso. Con lei ho imparato quanto debbano coesistere, senza sconti per entrambi, poesia e mestiere».
La Pau privata?
«In lei ho visto quella famiglia limpida e pulita e accogliente che non si immagina guardando dall’esterno. Adesso siamo una squadra e anche amici, con le difficoltà della distanza».
Pausini, ma anche Emma, Arisa... ha scritto più spesso per donne. Come mai?
«Ho meno pudore, si presenta più facilmente che nella vita la mia anima femminile. Scrivo di sentimenti che mi vergognerei ad affidare alla voce di un uomo».
Pronto per la notte degli Oscar?
«Se vuoi io sono qui» è la frase chiave del pezzo, racchiude il senso della accoglienza perché non puoi salvare un altro se non lo vuole
«Per i Golden Globe mi sono addormentato... Mi ha svegliato Laura con la notizia. Mi sono messo a ballare come un matto e sono corso a chiamare Sam: per la prima volta ho perso il controllo e ne sono stato felice. A Sam sembra non interessare molto quello che accadrà. Vorrebbe che vincessi solo perché gli ho promesso un nuovo corallo per il suo acquario».
Un anno di pandemia. Come lo ha vissuto?
«Mi sono ammalato all’inizio della seconda ondata e, anche senza necessità di ricovero, ho avuto paura. Mi ha spaventato quella reazione, neurologica e psicologica, post Covid che ti porta a non reperire più le parole. Ho capito però che non mancano perché il cervello è stato colpito, ma perché se mancano baci, abbracci e carezze, anche le emozioni perdono le parole».