La mossa dell’Europa per salvare il pianeta
L’accordo sul taglio delle emissioni di gas
L’Unione europea raggiunge, proprio alla vigilia della Giornata mondiale della Terra, l’accordo sulle emissioni di gas a effetto serra. Un impegno che sarà seguito dagli Usa.
L’accordo è arrivato alla vigilia della Giornata mondiale della Terra, in tempo per il vertice virtuale di 48 ore organizzato dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, a cui parteciperanno 40 capi di Stato e di governo tra cui il presidente cinese Xi Jinping (presenza non scontata) e il premier Mario Draghi. Interverrà anche papa Francesco. Biden aprirà il summit chiedendo ai leader di dichiarare i nuovi obiettivi per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. L’Unione europea si presenta con il taglio delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, tappa fondamentale per raggiungere la neutralità climatica nel 2050.
L’Unione è stata la prima al mondo a darsi questo obiettivo già nel 2019 e la legge sul Clima, risultato dell’accordo tra Consiglio e Parlamento Ue dopo una maratona negoziale di oltre 15 ore, «è una tappa storica per l’Unione», come l’ha definita Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue responsabile per il Green Deal. Ma soprattutto, come ha sottolineato la presidente Ursula von der Leyen, trasforma un impegno politico in «un impegno giuridico». Bruxelles brucia sul tempo Washington, che farà oggi l’annuncio del nuovo obiettivo degli Stati Uniti — insieme alla Cina sono responsabili del 42% delle di emissioni globali contro il 9% dell’Ue —nella lotta al cambiamento climatico, marcando ancora una volta l’inversione di rotta rispetto all’amministrazione Trump, già intrapresa con il rientro negli accordi di Parigi il 19 febbraio scorso (atto firmato da Biden nel giorno del suo insediamento il 20 gennaio). Gli Usa punteranno a ridurre almeno del 50% le emissioni entro il 2030 rispetto al 2005. Barack Obama si era impegnato per un taglio tra il 26 e il 28%, sempre rispetto ai livelli del 2005. Ue e Stati Uniti prendono due punti di riferimento diversi, rispettivamente il 1990 e il 2005 ma per entrambi si tratta di due momenti in cui le emissioni di gas a effetto serra hanno rappresentato il culmine o quasi (per gli Usa è stato nel 2007).
Ieri la Commissione Ue ha anche presentato i criteri per individuare quando un’attività economica dà un contributo sostanziale alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici e quando le attività sono tali da non produrre «nessun danno significativo» agli altri obiettivi ambientali indicati nella tassonomia verde: il regolamento che stabilisce i criteri per determinare se un’attività economica possa considerarsi ecosostenibile e possa ricevere investimenti green e che di fatto rappresenteranno uno standard globale. Su queste definizioni si gioca la trasformazione, ma anche la sopravvivenza, di interi settori industriali. Per raggiungere gli obiettivi verdi al 2030 che la Ue si è prefissata serviranno 350 miliardi di investimenti in più all’anno nel prossimo decennio.
La Commissione ha deciso di rinviare a giugno, in un atto delegato complementare, le decisioni su gas e nucleare, fonti energetiche sulle quali è in atto uno scontro, perché non tutti i Paesi le considerano indispensabili per la transizione verde (secondo l’ultimo rapporto dell’Aie le emissioni globali di CO2 legate all’energia aumenteranno di 1,5 miliardi di tonnellate nel 2021). Legge sul clima e tassonomia verde non hanno sod
disfatto gli ambientalisti né il gruppo dei Verdi, che lamentano poca ambizione. Ma per il presidente della commissione Ambiente del Parlamento Ue, Pascal Canfin (Renew Europe), l’Unione «ridurrà le emissioni di quasi il 57% rispetto al 1990. L’Ue farà 2,5 volte di più in 9 anni di quanto abbiamo fatto negli ultimi 10 anni».
Il prossimo appuntamento è la Conferenza sul cambiamento climatico (Cop26) di Glasgow in novembre.