Corriere della Sera

Superlega, è finita Le italiane si ritirano e la Uefa le perdona

Il presidente federale Gravina: «Sanzioni? Non si può sanzionare un’idea non concretizz­ata»

- di Mario Sconcerti

Niente Superlega. Il torneo fra dodici club europei svanisce in una notte. Dopo gli inglesi, anche le tre italiane, Juventus, Inter e Milan rinunciano al progetto . Ma difficilme­nte ci saranno sanzioni contro i ribelli. L’Uefa ha lanciato segnali distensivi. E il presidente della Figc Gabriele Gravina commenta: «Non si può sanzionare un’idea non concretizz­ata». Però i club della Serie A minacciano una causa contro il presidente della Juventus Andrea Agnelli. E si pensa a nuove strategie su costi e ricavi per evitare che l’azienda calcio deflagri travolta dai debiti. Spunta l’ipotesi di un calmiere sugli ingaggi dei calciatori.

Fallito l’attentato al calcio, è tempo di ricostruzi­one. La Superlega è naufragata in una notte. I club inglesi hanno guidato la Brexit dal campionato europeo chiuso, ispirato soprattutt­o da Florentino Perez e Andrea Agnelli, i presidenti di Real Madrid e Juve usciti da sconfitti della guerra lampo.

Non è stata però solo la spinta di tifosi e governi o le minacce di squalifica di Uefa e Fifa a portare alla dissoluzio­ne di un progetto mal strutturat­o e ancor peggio presentato. Martedì notte, i 12 proprietar­i dei club fondatori della Superlega e firmatari del contratto da 3,5 miliardi con Jp Morgan si sono ritrovati in conference call.

Il Chelsea, ultimo a formalizza­re l’uscita, è stato il primo ad aprire la crepa, le altre inglesi (Manchester City, Manchester United, Liverpool, Arsenal e Tottenham) hanno seguito e via via sono arrivati i comunicati di addio, cui poi si sono accodate Inter, Milan, Juve, Atletico Madrid. Agnelli, capofila della rivolta, ha gettato la spugna: «Senza di loro il torneo non si può fare».

Oltre a tanti soldi, il contratto della Superlega prevedeva anche sanzioni relative alle clausole d’uscita, legate al versamento di denaro: nessuno però aveva ancora ricevuto nulla. L’adesione invece era legata a due condizioni, che ci fosse l’adesione di Uefa e Fifa oppure che si dimostrass­e all’antitrust la posizione dominante dell’Uefa. I fuoriuscit­i hanno fatto leva su questo per sfilarsi.

Le scuse ai tifosi sono arrivate da tutti i club. L’Arsenal si è consegnato subito, oltre è andato il 71enne proprietar­io del Liverpool, John W. Henry. Quasi con le lacrime agli occhi, in un video ha implorato perdono: «Chiedo scusa a tutti: tifosi, giocatori, squadra. Il colpevole sono io». In Italia l’Inter è stata la prima a salutare, a ruota Milan e Juve.

Il presidente della Uefa, Aleksander Ceferin, esce vincitore e dopo le minacce ha mostrato comprensio­ne. «È ammirabile ammettere di aver sbagliato e questi club hanno fatto un grande errore. Adesso sono tornati e so che hanno tanto da offrire, alle nostre competizio­ni e al calcio europeo. L’importante ora è andare avanti insieme».

Quelle del presidente non sono le parole di chi è deciso a punire, anzi. Domani il Comitato esecutivo Uefa si riunirà, valuterà il da farsi, difficile pensare di espellere dalle coppe i top club, sarebbe un danno per il movimento. La sanzione peggiore è il grave danno di immagine subito dai 12 club. Bisognerà invece trovare un punto di incontro sulla nuova Champions. Il restyling appena approvato, con partenza nel 2024, è una risposta parziale: una revisione è possibile.

Sulla stessa linea dell’Uefa il presidente della Figc, Gabriele Gravina. «Non ci sono forme di processi, condanne o vendette trasversal­i. Sanzioni? No, non si può sanzionare un’idea che non si è concretizz­ata». La Federcalci­o però pensa a correttivi e rafforzerà un vincolo già esistente: si potrà iscrivere ai campionati solo chi si impegnerà a giocare le coppe Uefa. Spingerà poi sulla sostenibil­ità economica: i club potranno spendere solo una percentual­e fissa del loro fatturato, chi eccederà dovrà fornire immediate garanzie di copertura. Un freno alle spese folli del calcio.

Dopo il grande spavento è tempo di cambiare. Ricostruir­e si può.

È ammirabile ammettere di aver sbagliato e questi club hanno fatto un grande errore. Adesso sono tornati e so che hanno tanto da offrire

Aleksander Ceferin, presidente Uefa

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