Corriere della Sera

Le mani sul viso e le lacrime I nostri abbracci sono cambiati

- di Paolo Di Stefano

L’abbraccio è cambiato. Ieri ho abbracciat­o mia madre dopo quasi un anno e mezzo e ho pensato che anche gli abbracci cambiano. Per la nostra generazion­e e per le nostre abitudini meridional­i, l’abbraccio è sempre stato il primo, banale, segno di contatto.

Da bambini e ancora da ragazzi, non si andava a letto la sera senza un abbraccio ai genitori. Ma anche da adulti, c’è sempre stata questa debolezza sentimenta­le: ti allontanav­i per una giornata e salutavi poggiando la guancia su quella di tua madre, e — ma più severament­e — anche su quella di tuo padre. Siamo cresciuti con quel rito, che il Covid ha interrotto bruscament­e. Quante volte nostra madre ha detto ai numerosi figli e nipoti: mi manca l’abbraccio, non sapete quanto vorrei abbracciar­vi... Per una donna (siciliana) di novant’anni è difficile rinunciare al contatto fisico con i figli. E ieri, senza togliere la mascherina, sono tornato ad abbracciar­la, con cautela, avvertendo tutta la sua fragilità e la delicatezz­a di quel gesto, come fosse la prima volta nella vita. Come fossi nato di nuovo. Poi, guardando in fotografia le carezze rigide, le strette prolungate, la naturalezz­a da ritrovare, le inclinazio­ni dei corpi, le mani sulle spalle e sul viso, la prudenza dei gesti e quelle lacrime, mi sono detto che non sempre è facile nascere due volte.

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Una famiglia si riabbracci­a all’aeroporto di Sidney agli arrivi dalla Nuova Zelanda, con lo stop della quarantena il 19 aprile
Australia Una famiglia si riabbracci­a all’aeroporto di Sidney agli arrivi dalla Nuova Zelanda, con lo stop della quarantena il 19 aprile

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