«Così si riparte»
Il bilancio di Locatelli, coordinatore del Cts: con la campagna l’età media dei nuovi contagiati e dei ricoverati continua ad abbassarsi
«Riaperture oculate e vaccinazioni». Le giuste mosse per Locatelli, del Cts.
«Riaperture oculate e vaccinazioni». Sono le due mosse che ci stanno permettendo di uscire dalla crisi, secondo Franco Locatelli, oncoematologo, coordinatore del Cts.
A tre settimane dalle riaperture del 26 aprile si può dire che l’Italia ha retto bene?
«Sì, l’analisi dei dati indica che le aperture decise secondo il criterio del “rischio ragionato” non si sono associate a una ripresa della curva epidemica. L’ultima analisi settimanale indica un Rt inferiore a quello della settimana prima (0,86 contro 0,89) e l’incidenza cumulativa di casi ogni 100.000 abitanti è scesa a un valore nazionale di 96».
Tre regioni — Friuli-Venezia Giulia, Molise e Sardegna — sono sotto la soglia dei 50 casi, un traguardo importante?
«Sì perché permette di poter avere una gestione basata sull’identificazione dei casi e sul tracciamento dei loro contatti. Anche la pressione sui servizi sanitari territoriali si è ridotta. Il resto lo hanno fatto le vaccinazioni che procedono speditamente».
Avremmo già dovuto intravvedere segnali negativi?
«Sicuramente sì. L’analisi della prossima settimana ci darà un quadro ancora più compiutamente definito, ma, non avere, al momento, segnali di allerta è incoraggiante anche nella prospettiva di nuove misure di apertura, quali per esempio il prolungamento del coprifuoco, che il governo si accinge ad adottare. Resta fondamentale il principio ispiratore della gradualità e progressività ricordato anche recentemente dal presidente Draghi».
Come è cambiata la tipologia di contagiati per età e caratteristiche?
«L’età mediana di contagiati e ricoverati continua ad abbassarsi. Questa settimana, siamo a valori di 40 e 64 anni a fronte di 41 e 65 di quella precedente. È frutto della copertura data dalle vaccinazioni alle popolazioni più avanti con gli anni cui si è giustamente data priorità per proteggerli dalle forme più gravi o addirittura fatali di Covid».
È presto per togliere le mascherine all’aperto come negli Stati Uniti?
«Sì è troppo presto, oggi la scelta non è ipotizzabile. Giusto comunque iniziare una riflessione prospettica. Dobbiamo aumentare il numero, già più che buono, di persone vaccinate. Oggi abbiamo superato il valore del 30% della popolazione residente. Per considerare scelte di questo tipo, dobbiamo incrementare sensibilmente questo valore e avere una circolazione virale ancora più ridotta. Verrà il tempo in cui potremo abbandonare le mascherine e riprendere ad abbracciarci».
AstraZeneca è J&J possono essere proposti ai 40enni?
«L’uso di entrambi i vaccini a vettore adenovirale è approvato sia dall’agenzia europea Ema sia dall’italiana Aifa indistintamente per soggetti sopra i 18 anni. Cito inoltre un’analisi pubblicata lo scorso 23 aprile da Ema sul rapporto tra benefici e potenziali rischi di trombosi nel contesto di diversi scenari di circolazione virale. Dimostra che in una situazione come quella attuale italiana, dopo vaccinazione con AstraZeneca tra 50 e 59 anni il numero di casi ogni 100.000 persone che sviluppano i fenomeni trombotici, è stimato essere pari a 1.1, mentre il numero di morti dovute a Covid-19 prevenibili è di 8 ogni 100.000 persone».
Cosa pensa dello stop a ReiThera, vaccino italiano?
«È dovuto a ragioni non di ordine medico, la Corte dei Conti non ha concesso il visto al decreto di finanziamento per lo sviluppo. Le decisioni degli organi di controllo e di giustizia vanno sempre rispettate».
I vaccini a vettore adenovirale, come ReiThera, hanno le gambe corte?
«Il largo uso del vaccino a vettore adenovirale di AstraZeneca nel Regno Unito ha consentito di abbattere sia il numero di nuovi casi sia la circolazione virale. In un Paese importante come l’Italia investire sia sui vaccini sia sugli anticorpi monoclonali è rilevante e qualificante, come lo è creare una struttura nazionale di prevenzione, contenimento e gestione delle malattie infettive epidemiche».
Fragili e anziani possono aspettare 42 giorni prima della seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna?
«Tante evidenze indicano che prolungare la seconda somministrazione nella sesta settimana dalla prima non compromette l’efficacia della risposta immunitaria che viene a formarsi a 21 e 28 giorni».
Vale anche per gli anziani?
«Una nota pubblicata su
Nature pochi giorni fa riporta che in soggetti ultra-ottantenni la somministrazione della seconda dose del vaccino di Pfizer-BioNTech a 12 settimane dalla prima esprime anticorpi di tre volte e mezzo più elevati rispetto alla somministrazione classica a tre settimane».
Ora le dosi ci sono, perché allungare l’intervallo?
«Anche considerando che una singola somministrazione conferisce una protezione da malattia grave del 90% a 21 giorni, è evidente, in una prospettiva di sanità pubblica, la scelta di privilegiare la possibilità di immunizzare un numero più alto di soggetti ritardando fino alla sesta settimana la seconda dose. Che poi per pazienti fragili affetti da patologia oncoematologica o da immunodepressione si mantenga l’intervallo delle tre settimane per completare nel più breve tempo possibile il ciclo vaccinale risponde a una logica di massima tutela».
Non è ipotizzabile togliere oggi le mascherine all’aperto come negli Usa. Dobbiamo immunizzare più persone