Corriere della Sera

«In azione le ali estremiste Ma non è la terza intifada»

Segev: uniti dal Covid, ora spazio agli estremisti

- di Lorenzo Cremonesi

G li scontri etnici tra estremisti ebrei e arabi preoccupan­o «ma non è la terza intifada». Questa l’analisi di Tom Segev.

«Questa non è una terza intifada. O almeno non lo è ancora diventata e non credo lo sarà. Manca la dimensione della vasta partecipaz­ione popolare come quelle del 1987 o del 2000. Hamas da Gaza detta il ritmo del conflitto militare. Mi ha però molto colpito lo scontro interno ai confini di Israele del 1948 tra cittadini arabi ed ebrei. Non ce lo aspettavam­o tanto violento». Tom Segev ci parla da Gerusalemm­e. Autore di alcune opere fondamenta­li sulla storia di Israele, per decenni commentato­re per il quotidiano Ha’aretz, Segev insiste sull’unicità di questa nuova ondata di violenze.

Che cosa vede di nuovo?

«L’intensità dei disordini in località che sono al cuore dello Stato. Lod, la vecchia Lydda araba dove oggi si trova l’aeroporto internazio­nale: qui bande di ragazzini hanno bruciato tre sinagoghe. Come anche le aggression­i di Ramla, Acri e Jaffa, alle porte di Tel Aviv. Nel 1948 l’esercito israeliano aveva espulso praticamen­te tutta la vecchia comunità palestines­e. Poi però una parte degli abitanti originari era tornata. Con i decenni erano diventati luoghi modello di coesistenz­a, pur se con grossi problemi di povertà e droga. Mi ha sinceramen­te sorpreso il saccheggio all’hotel di Acri, non lo ritenevo possibile. Sino a pochi mesi fa i nostri media raccontava­no con entusiasmo del ruolo fondamenta­le giocato dai medici e dagli infermieri arabi negli ospedali mobilitati per l’emergenza Covid. Arabi nati e cresciuti tra noi, israeliani a tutti gli effetti. Avevamo scoperto che gran parte delle nostre farmacie era tenuta da farmacisti arabi. Però, attenzione, non credo si tratti di pogrom, o di “Notte dei Cristalli”, sono gravi violenze organizzat­e come abbiamo visto di recente in Francia o negli Stati Uniti».

Come lo spiega?

«Sono una minoranza. Ma aggressiva, ostile. La polizia non ha saputo contrastar­la. A Lod, per esempio, il sindaco ha imposto il coprifuoco. Ma nessuno lo ha rispettato. Come pochi mesi fa, del resto, le forze dell’ordine non riuscivano a obbligare gli ebrei ortodossi ad indossare la mascherina e restare in casa. Abbiamo scoperto di essere un Paese poco governabil­e, quasi anarchico. Ne hanno approfitta­to anche gli estremisti ebrei».

In che modo?

«Gruppi legati alla destra nazionalis­ta e religiosa hanno agito in modo coordinato per attaccare le zone arabe. Penso per esempio alla “Familia”, che è l’organizzaz­ione violenta della tifoseria più fanatica e razzista della squadra di calcio del Betar Gerusalemm­e. Sono arrivati con gli autobus, centinaia di giovani decisi a vandalizza­re, linciare, impaurire».

La chiamano terza intifada.

«No. Non credo sia corretto. Per ora domina lo scontro militare tra il nostro esercito e gli estremisti di Hamas. Quasi una guerra convenzion­ale, con missili, artiglieri­e e droni».

Chi vince?

«Per ora Hamas. Un fatto molto grave, sono fondamenta­listi pericolosi­ssimi, terroristi che sparano sulle città in nome della guerra santa. Usano gli aiuti che giungono dall’estero per costruire armi. Sono riusciti a imporsi come i difensori di Gerusalemm­e di fronte al mondo islamico e della causa palestines­e. Ci hanno obbligati a chiudere il nostro aeroporto più importante e di fatto stanno paralizzan­do la vita civile. Però, rimane un evento limitato a poche minoranze di fanatici combattent­i. Non è una rivolta generalizz­ata».

Le conseguenz­e politiche?

«Benjamin Netanyahu resta al potere, o comunque pare più forte di prima. Ci aveva fatto credere che si potevano annettere i territori occupati nel 1967 senza troppi problemi e ora ne paghiamo le conseguenz­e. Però, la sua politica di dividere i palestines­i a scapito dei moderati dell’Olp di Abu Mazen e beneficio invece dei fanatici di Hamas, alla fine per lui paga. Nonostante sia sotto processo per corruzione e politicame­nte molto debole, Netanyahu adesso fa leva sulla necessità dell’unità nazionale nell’emergenza. La grande novità sarebbe stata la partecipaz­ione dei quattro deputati del Partito Arabo Unito guidato dal super-pragmatico Mansour Abbas nella coalizione di centro-destra assieme ai partiti di Yair Lapid e Naftali Bennett. Sarebbe stata l’unica coalizione alternativ­a al Likud di Netanyahu. Ma adesso non è più possibile».

 ??  ?? Storico Tom Segev, nato a Gerusalemm­e 76 anni fa, è uno scrittore, giornalist­a e storico israeliano. Per decenni commentato­re per il quotidiano Ha’aretz, è conosciuto per le sue opere sulla storia di Israele
Storico Tom Segev, nato a Gerusalemm­e 76 anni fa, è uno scrittore, giornalist­a e storico israeliano. Per decenni commentato­re per il quotidiano Ha’aretz, è conosciuto per le sue opere sulla storia di Israele

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