«C’è una dose anche per me?» Ora AstraZeneca non fa più paura
«Suvvia non mi dica che ha paura. Si giri dall’altra parte, non guardi l’ago, si distragga...». Il dottor Luigi Fracassi, sotto il tendone della Croce Rossa alla Stazione Termini, sta cercando di tranquillizzare l’uomo seduto davanti a lui. La fiala di AstraZeneca è pronta, quello chiude gli occhi, solo un attimo e la prima dose è andata. «Dottore, lei ha la mano fatata», dice alzandosi contento.
Astraday e Astranight: weekend non stop. Nel Lazio il vaccino anglosvedese ha immunizzato pure il coprifuoco, dalle 8 del mattino alle 24 si sta all’aperto in fila, aspettando il proprio turno col ticket virtuale memorizzato sul telefonino: 20 mila persone over 40 si sono prenotate giovedì scorso sulla piattaforma Ufirst per ricevere tra ieri e oggi il farmaco sospiratissimo. Dopo tre ore era già sold out. Paolo Sorrentino, il regista da Oscar de La grande bellezza, si è vaccinato anche lui. A Viterbo.
Ventuno hub mobilitati nella regione: dalla Nuvola di Fuksas alla Città militare della Cecchignola, dal Polo natatorio di Ostia alla sede Acea. «Gli Open day si stanno dimostrando un successo — dice il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti —. Continuiamo così, senza fermarci». Prossimi appuntamenti, forse, aperti anche ai trentenni.
La notizia, comunque, è che AstraZeneca non fa più paura. Anzi. I romani alla svelta, come col Marziano di Ennio Flaiano, sembrano aver preso confidenza pure col remotissimo rischio trombotico di cui si è molto parlato nei mesi scorsi e così adesso non vedono l’ora di farsi la punturina. «Per noi è una parvenza di salvezza», dice il professor Carlo Gelosi, docente alla Lumsa. «Ci servirà per debellare la terza guerra mondiale, quella col Covid», aggiunge il pensionato Emilio De Seta, 74 anni, che attende fuori dalla postazione vax che torni suo figlio Giampiero.
I vaccinandi di Termini (il richiamo per tutti è già stato fissato al primo agosto) si confessano, all’ingresso e ancor di più all’uscita, molto emozionati. «Un passo in più verso la libertà», dice Alessio Traditi, magazziniere. «Se ho paura? E perché dovrei? — risponde l’uomo —. Corro più rischi facendomi ogni giorno 50 km andata e ritorno in scooter per andare al lavoro».
«Vogliamo farlo per non sentirci più un pericolo per gli altri, per i nostri nonni e genitori», dice Giusy Di Marsilio. L’estate scorsa, per la paura del Covid, scelse col fidanzato come meta per le vacanze un eremo in Toscana, isolato da tutto e tutti. Quest’anno, forse, andranno sul lago di Garda. La dottoressa Anna Caterina Schiavo, collega del dottor Fracassi, dopo un’oretta di somministrazioni dice di essersi fatta una statistica per conto suo: «L’80% dei maschi ha più paura dell’ago che degli effetti collaterali del vaccino, tutto il contrario delle donne...».
Giusy Di Marsilio, per esempio, ha già chiesto al suo medico di base se AstraZeneca comporta più rischi della pillola anticoncezionale. Pare di no. In tutti, comunque, c’è una grande voglia di ricominciare, di riprendersi le abitudini, la vecchia libertà, «ormai per me la mascherina è
«Lo faccio per papà morto di Covid» Molti, tra quelli in fila, hanno avuto un lutto
diventata come le chiavi di casa — racconta Mariagrazia Di Matteo —. Prima di uscire controllo sempre se ce l’ho». Alessandro Canale, informatico, sogna di poter tornare al ristorante come faceva un tempo «quando arrivavo all’ultimo minuto e chiedevo al titolare se poteva aggiungere un tavolo in extremis». Mario Lanti, che lavora nel cinema, ha appena fatto il vaccino e si sente benissimo: «Io ci ho sempre creduto che alla fine saremmo usciti dal tunnel».
Una giornata così, dove i sorrisi finalmente prevalgono: «Io ho fatto il vaccino anche per papà che è morto di Covid, l’ho fatto per lui», dice una donna che preferisce non dire come si chiama.
Sono tante le persone in fila che hanno visto morire parenti, amici, colleghi, durante quest’anno e mezzo di pandemia. Simone Baiano, per colpa del Covid, ha perso il lavoro, ma anche lui dopo tanto tempo sembra ritrovare un po’ di fiducia: «Mi sono prenotato con 3 clic, prima ho scaricato l’App, poi mi sono registrato e infine ho scelto l’hub, per una volta sono stato fortunato».
In tutti loro c’è come un’ansia di salvarsi, di esorcizzare finalmente il Mostro. Giovanni Rempiccia, funzionario del Miur, come tanti altri non ha fatto in tempo a prenotarsi. Però prova lo stesso a chiedere all’ingresso, non si sa mai: «Non è che per caso vi avanza una dose?». Niente da fare, sarà per la prossima volta.