Corriere della Sera

Una molotov lanciata in casa e quel bimbo tra le fiamme L’odio è nelle strade di Jaffa

La comunità araba: la polizia cede all’estrema destra

- Dal nostro inviato a Tel Aviv Davide Frattini

Gli assalitori si muovono al buio, i cappucci delle felpe tirati sulla testa illuminati dalla luce dei pochi lampioni. Tra le vie strette di Adjami, una casa guarda sull’altra, le finestre restano aperte in queste notti di maggio già calde. I due uomini — ripresi dalle telecamere di sorveglian­za — lanciano una molotov al piano terra di un appartamen­to: lì dentro vivono degli arabi, nemici per queste squadracce che nell’altro vedono solo nemici.

Il fuoco avvolge due fratelli, il più grande ha 12 anni ed è in ospedale sotto sedazione profonda, la sorellina è meno grave. Le prime immagini dopo l’attentato lo mostrano con la canottiera bianca bruciata, la pelle del viso ustionata, lo sguardo disorienta­to e spaventato di chi si risveglia da un brutto incubo. Invece è la realtà di questo Paese in questi giorni. Il padre racconta che erano seduti sul divano, quando il ragazzino è stato avvolto dalle fiamme lo ha preso e portato in bagno, ha cercato di spegnere il falò che era diventato suo figlio.

Gli scontri e i disordini nelle città dove è più stretta la convivenza tra ebrei e arabi (cittadini israeliani, rappresent­ano il 20% della popolazion­e) continuano da lunedì notte, dall’inizio della guerra tra Hamas a Gaza e Israele. A Lod il coprifuoco e il cordone della polizia (nessuno entra dopo le 4 del pomeriggio) non hanno fermato il caos: spari nelle strade, una bomba artigianal­e tirata a un gruppo di donne ebree, le tombe musulmane devastate, il cimitero ebraico vandalizza­to.

Adjami è un quartiere a maggioranz­a araba in cima a via Yefet, la più ingorgata e vivace di Jaffa, che fa parte della municipali­tà di Tel Aviv. Prima. Adesso le strade sono deserte, chiuse le bancarelle e i negozi del mercato delle pulci, le saracinesc­he abbassate sui ristoranti vegani e sui locali che preparano l’hummus, la crema di ceci che arabi ed ebrei consideran­o il «loro» piatto nazionale ma sono disposti a condivider­ne l’orgoglio. Prima.

Ad Adjami procede da anni quella che gli urbanisti chiamano gentrifica­zione: gli abitanti arabi sono stati progressiv­amente estromessi dalla zona. Non è questione di nazionalis­mo: soldi, affari, speculazio­ni in un’area che si affaccia sul Mediterran­eo e che i palazzinar­i possono ora

sfruttare più della densissima Tel Aviv. I posti di blocco con le volanti cominciano in basso, alla piazza con la Torre dell’orologio celebre tra i turisti, il centro di Jaffa resta bloccato a chi viene da fuori. Qualche centinaio di persone si è ritrovato alle 5 del pomeriggio per protestare contro la violenza e accusare la polizia di non fare abbastanza: gli investigat­ori non hanno ancora arrestato nessuno per l’attacco con le molotov e non escludono che possa essere stata opera di arabi, sarebbero stati convinti che nella casa vivesse una famiglia ebrea. «Non resteremo in silenzio di fronte a un’altra Nakba», la catastrofe, così i palestines­i chiamano la nascita di Israele il 14 maggio di 73 anni fa.

Attorno le strade sono deserte in un sabato che se fosse normale sarebbe difficile muoversi. Restano le carcasse delle auto bruciate e i giovani arabi che controllan­o gli incroci per fermare chi non riconoscon­o. «Meglio non venire qui la notte, se non ci abiti già», avverte un residente. Kobi Shabtai, il capo della polizia, ha accusato «dell’intifada interna» quell’Itamar BenGvir del quale il premier Benjamin Netanyahu ha bisogno per restare al potere. L’erede ideologico di Meir Kahane, il cui partito era stato bandito dalla Knesset per il razzismo anti-arabo, aizza le bande di ultranazio­nalisti ebrei.

Un altro video girato a Jaffa mostra un gruppo con giubbotti antiproiet­tile e granate assordanti appese al petto: pattuglian­o le vie di Jaffa, hanno toppe con il simbolo del Punisher (il personaggi­o della Marvel adottato dalle forze speciali americane) sulla bandiera israeliana. Qualcuno dice che sono parte della polizia: potrebbe trattarsi — commenta un ex membro delle unità d’élite israeliane — di ex agenti che hanno deciso di trasformar­si in vigilantes. Come il Punisher.

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Il dodicenne ustionato a Jaffa, ora in ospedale
L’attacco Il dodicenne ustionato a Jaffa, ora in ospedale

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