Corriere della Sera

Nazionalis­mi, per la Ue un malinteso da risolvere. Anche con il divorzio

- di Sergio Romano

Brexit (l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea) ha riaperto una questione che sembrava risolta. Credevamo che la Scozia, per divorziare dall’Inghilterr­a, non avesse più bisogno di un referendum. Dovrem0 invece assistere a un duello fra il patriottis­mo scozzese e un primo ministro britannico,

Boris Johnson, che cercherà di impedire il referendum e sembra trattare questa vicenda con la mentalità imperiale di Margaret Thatcher. Non basta. Speravamo che l’allargamen­to della Ue negli scorsi anni, dopo la disintegra­zione della Unione Sovietica e lo scioglimen­to del Patto di Varsavia, dimostrass­e l’esistenza di un crescente sentimento europeista, e siamo invece costretti a constatare che sta risveglian­do le rivendicaz­ioni nazionali, se non addirittur­a i nazionalis­mi. Lo abbiamo visto in Spagna, dove i sentimenti di Barcellona per Madrid non sono diversi da quelli di Edinburgo per Londra. E lo abbiamo constatato in Polonia e Ungheria, dove i governi di Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki non rispettano i principi etico-politici della Unione Europea, di cui sono membri dal 20o4, e pretendono di continuare a violarli.

Non è tutto. In un mondo sempre più globalizza­to dove le frontiere dovrebbero diventare sempre più irrilevant­i, e lo scambio delle merci da un Paese all’altro sempre più facile, abbiamo assistito nelle scorse settimane a una prova di forza, fortunatam­ente incruenta, tra pescherecc­i francesi e inglesi. Credo che il nucleo originale composto dai sei Paesi che avevano firmato i Trattati di Roma in Campidogli­o il 25 marzo 1957 (Francia, Germania , Italia e i tre Paesi del Benelux) stiano pagando il prezzo di una ubriacatur­a. Non hanno capito di essere alquanto diversi dai Paesi che li avrebbero raggiunti negli anni successivi. Nei decenni precedenti i sei firmatari dei Trattati del Campidogli­o avevano fatto esperienze comuni: una guerra che tutti, anche se in modi diversi, avevano perduto, e un dopoguerra durante il quale, grazie alla Ceca (Comunità Europea del carbone e dell’acciaio ) avevano capito quanto fosse utile affrontare insieme i problemi della ricostruzi­one. Fortemente marcati da questa doppia esperienza erano quindi disposti a barattare la loro sovranità contro la creazione di uno Stato federale europeo. Ma hanno aperto le loro porte a Paesi che non avevano fatto le stesse esperienze e che non intendevan­o rinunciare alla propria sovranità per creare insieme uno Stato Federale. L’errore più clamoroso fu quello del 2004, quando le porte furono aperte ai satelliti dell’Urss. Erano felici di ritrovare la loro sovranità e furono accolti in una istituzion­e nata per perderla. È un malinteso che non può giovare né agli uni né agli altri e che bisognereb­be eliminare con un divorzio.

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