Nazionalismi, per la Ue un malinteso da risolvere. Anche con il divorzio
Brexit (l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea) ha riaperto una questione che sembrava risolta. Credevamo che la Scozia, per divorziare dall’Inghilterra, non avesse più bisogno di un referendum. Dovrem0 invece assistere a un duello fra il patriottismo scozzese e un primo ministro britannico,
Boris Johnson, che cercherà di impedire il referendum e sembra trattare questa vicenda con la mentalità imperiale di Margaret Thatcher. Non basta. Speravamo che l’allargamento della Ue negli scorsi anni, dopo la disintegrazione della Unione Sovietica e lo scioglimento del Patto di Varsavia, dimostrasse l’esistenza di un crescente sentimento europeista, e siamo invece costretti a constatare che sta risvegliando le rivendicazioni nazionali, se non addirittura i nazionalismi. Lo abbiamo visto in Spagna, dove i sentimenti di Barcellona per Madrid non sono diversi da quelli di Edinburgo per Londra. E lo abbiamo constatato in Polonia e Ungheria, dove i governi di Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki non rispettano i principi etico-politici della Unione Europea, di cui sono membri dal 20o4, e pretendono di continuare a violarli.
Non è tutto. In un mondo sempre più globalizzato dove le frontiere dovrebbero diventare sempre più irrilevanti, e lo scambio delle merci da un Paese all’altro sempre più facile, abbiamo assistito nelle scorse settimane a una prova di forza, fortunatamente incruenta, tra pescherecci francesi e inglesi. Credo che il nucleo originale composto dai sei Paesi che avevano firmato i Trattati di Roma in Campidoglio il 25 marzo 1957 (Francia, Germania , Italia e i tre Paesi del Benelux) stiano pagando il prezzo di una ubriacatura. Non hanno capito di essere alquanto diversi dai Paesi che li avrebbero raggiunti negli anni successivi. Nei decenni precedenti i sei firmatari dei Trattati del Campidoglio avevano fatto esperienze comuni: una guerra che tutti, anche se in modi diversi, avevano perduto, e un dopoguerra durante il quale, grazie alla Ceca (Comunità Europea del carbone e dell’acciaio ) avevano capito quanto fosse utile affrontare insieme i problemi della ricostruzione. Fortemente marcati da questa doppia esperienza erano quindi disposti a barattare la loro sovranità contro la creazione di uno Stato federale europeo. Ma hanno aperto le loro porte a Paesi che non avevano fatto le stesse esperienze e che non intendevano rinunciare alla propria sovranità per creare insieme uno Stato Federale. L’errore più clamoroso fu quello del 2004, quando le porte furono aperte ai satelliti dell’Urss. Erano felici di ritrovare la loro sovranità e furono accolti in una istituzione nata per perderla. È un malinteso che non può giovare né agli uni né agli altri e che bisognerebbe eliminare con un divorzio.