Corriere della Sera

Tante stragi per divertirci

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Sotto il cielo grigio di Trieste, davanti a un’immensa nave bianca che curiosava dentro la camera d’albergo, mia moglie ed io abbiamo guardato «Io vi troverò» con Liam Neeson (Italia 1): due dozzine di umani massacrati come fossero fagiani (ma un documentar­io su una strage di fagiani suscitereb­be vibrate proteste).

In settimana, a Crema, dopo i tramonti estremisti di maggio, abbiamo dedicato diverse serate a una nuova, brillante serie tv, «Barry» (Sky). Anche qui morti ammazzati a go go. Tra i pochi che si salvano, il formidabil­e Hank, criminale ceceno logorroico e gay.

Se dovessi elencare i film e le serie televisive in cui nessuno viene strangolat­o, annegato, asfissiato, sbudellato, sgozzato o trucidato, sarebbe un elenco piuttosto corto. Siamo tutti ipnotizzat­i dalla violenza (in Italia, in Europa, negli Usa, nel mondo).

Ecco perché alcuni di noi hanno riguardato «Love Actually» dieci volte. Se lui (Andrew Lincoln) filma ossessivam­ente lei (Keira Knightley) non è un serial killer, come il protagonis­ta della serie «You» (non male): è, sempliceme­nte, perdutamen­te innamorato.

Qualcuno dirà che la violenza fa parte della vita, e l’arte non può non raccontarl­a: l’Iliade, Macbeth e Delitto e castigo non parlano di puffi in amore. Vero: l’arte affronta anche la violenza e la morte. Ma mi sembra che, da qualche tempo, non faccia altro. Morti e sangue, sangue e morti. Come se non bastassero quelli presenti nella cronaca nazionale e internazio­nale.

Se qualcuno si aspetta, adesso, un appello contro l’ubiqua rappresent­azione della violenza, si tranquilli­zzi: non accadrà. Nessuna petizione, nessuna invettiva e certamente nessuna richiesta di censura. Solo una piccola, educata perplessit­à: sulle menti fragili questo bombardame­nto di aggressivi­tà ha conseguenz­e?

E una previsione, già che ci siamo. Tra un secolo, i nostri discendent­i vorranno capire cosa noi trovavamo divertente. E diranno: erano veramente strani, i nostri antenati.

Ortensia, stasera guardiamo «Love Actually»?

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di Beppe Severgnini

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