Alida Valli, la musa di Hitchcock e Visconti
Documentario sulla diva nel centenario della nascita Giordana: «Per tutta la vita ha smitizzato sé stessa»
«Il caso Paradine» Alida Valli sul set con il regista Alfred Hitchcock
Il 31 maggio sarà il centenario di Alida Maria Altenburger, nata e mai tornata a Pola, in arte Alida Valli, nome trovato dal regista Bonnard sfogliando l’elenco telefonico. Nome dolce e suadente come gli occhi della bellissima attrice che visse tre volte e la cui storia è raccontata nel documentario Alida di Mimmo Verdesca, con la voce di Giovanna Mezzogiorno, in uscita domani in oltre 30 sale.
È la biografia di una ragazza indipendente che a 8 anni si trasferisce sul lago di Como da dove parte per Roma iniziando l’avventura cinematografica. Nel ’37 Mussolini apre Cinecittà e la signorina Valli varca i cancelli con mamma, sorridendo e innamorandosi nei film sentimentali del regime: canta Ma l’amore no e Mille lire al mese, guadagnandone lei cinquemila. Il nipote
Alida Valli in una scena del film diretto da Luchino Visconti
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Alida Valli, Joseph Cotten e Trevor Howard nel film
Pierpaolo De Mejo ci racconta questa straordinaria nonna sfogliando gli archivi dove lei raccolse fino all’ultimo (morì nel 2006) in ordine alfabetico-sentimentale articoli, diari, lettere.
Diva dei telefoni bianchi fino a Piccolo mondo antico (aveva 19 anni ma ingelosì il regista Soldati e il suo aiuto Risi), poi fuga in transatlantico a Hollywood con marito e figlio. Raccogliendo un rifiuto di Greta Garbo, gira scoprendosi negli occhi ambiguità e mistero, Il caso Paradine di Hitchcock («era convinto di essere cuoco, preparava piatti terribili»), conosce i divi, calca tappeti rossi, poi a Vienna per Il terzo uomo («ma senza incontrare mai Orson Welles»). Valli non vive di solo cinema, prova le turbolenze di famiglia dopo aver sofferto per la guerra che le uccide in picchiata nel ’41, mentre girava Ore 9 lezione di chimica, il suo aviatore dal nome gaddiano Carlo Cugnasca.
Soffre per il caso Montesi (femminicidio del ’53 che coinvolse molti cittadini al di sopra di ogni sospetto) e si dispera quando viene implicato il suo compagno Piero Piccioni, musicista figlio di un notabile democristiano. Sarà lei a scagionarlo assicurando che, la sera del delitto, si trovava in sua compagnia. Tornata in Italia con 150.000 dollari di debito per aver stracciato il contratto con Selznick, produttore di Via col vento, Valli trova Luchino Visconti che la scrittura (ma la prima scelta era stata Bergman) per Senso in cui l’attrice, fra le calli veneziane occupate nel 1866, diventa la contessa che tradisce per amore patria, marito cugino e infine l’amante austriaco.
Una nuova carriera, Alida scopre la gioia del teatro: Pirandello, Ibsen, James, Williams, Osborne e Wedekind diretta da Chéreau che l’adorava. Un’attrice che fu sempre al passo coi tempi, sempre contemporanea di qualcuno, con sensibilità e istinto si sintonizzava anche in ruoli inusuali, come la mamma di Berlinguer ti voglio bene, dove diceva tante di quelle parolacce che anni dopo ancora se ne vergognava.
Tutti l’hanno riscoperta, fino ai giovani anni 70 per cui era un’icona ma l’hanno adottata senza archiviarla, come Marco Tullio Giordana, i fratelli Bertolucci («sapeva offrire la frontal nudity della sua anima» diceva Bernardo), Benigni, Argento che la rese due volte perfida. Dice Giordana: «Per tutta la vita ha smitizzato sé stessa, sgretolando la devozione che si aveva di lei». Una vita difficile, un gioco pericoloso: «Il mestiere di attrice è spietato, ho vissuto troppe storie d’amore nella finzione per poterne vivere una vera e tutta mia per sempre».