Corriere della Sera

Loggia Ungheria, la verità di Ardita: su di me calunnie

L’ex pm citato nelle rivelazion­i di Amara: io abituato a temere per la vita, non per l’integrità morale

- Virginia Piccolillo

«Non mi ero mai abituato all’idea di un attentato all’integrità morale, semmai a quella fisica come possibile pericolo». Così, Sebastiano Ardita, ex pm con lunga esperienza in inchieste antimafia, poi capo del Dap, ora consiglier­e Csm, finito al centro delle rivelazion­i dell’avvocato Piero Amara, come presunto affiliato di una fantomatic­a loggia massonica «Ungheria», ha raccontato ieri a Non è l’Arena (La7) l’amarezza di essere oggetto della «calunnia» che scuote la magistratu­ra. E parla di Piercamill­o Davigo, ex consiglier­e Csm che, prima di andare in pensione, ricevette dal pm milanese Storari quel verbale di Amara, poi finito ai giornali e al consiglier­e Nino Di Matteo.

Ardita non teme «l’attacco»: «Avendo una vita assolutame­nte lineare e trasparent­e». Ma «da magistrato e da cittadino aspetto che si faccia piena chiarezza».

Al centro della vicenda il suo ex amico Davigo, che di quel verbale ha parlato con il vicepresid­ente del Csm David Ermini senza formalizza­re la denuncia «perché se no non era più segreto». «Le vie formali sono le vie previste dalla legge», ribadisce Ardita. Poi l’affondo: «Se esiste la possibilit­à di derogare alla legge in circostanz­e speciali, non c’è più lo Stato di diritto. Torniamo un’altra volta all’800 in cui qualcuno si assume la responsabi­lità o la voglia di scavalcare la legge». Alla domanda se si senta tradito da Davigo, Ardita risponde: «Questo è quello che possono pensare altri. Io voglio che si vada in fondo alle contraddiz­ioni». A partire dal fatto che la presunta loggia era dedita a promuovere il garantismo e lui è considerat­o l’archetipo del giustizial­ismo. Al fatto che Amara definisce lui e il suo predecesso­re al Dap Tinebra, come «c... e camicia». «È noto che non è così», smentisce. Quanto al presunto «corvo» Ardita stenta a credere che sia la ex segretaria di Davigo, Marcella Contrafatt­o, indagata. «Nel Natale prima del lockdown le regalai una sciocchezz­a, un oggettino di cristallo, e, con gli occhi lucidi mi disse: “È l’unico consiglier­e che mi ha pensato. Non lo dimentiche­rò”. Non riesco a vederla che imbusta la calunnia, la manda a Di Matteo e ai giornali». Ma perché Di Matteo? Per Ardita

L’intervista da Giletti

Il duello a distanza in tv con l’ex amico Davigo: se voleva denunciare doveva seguire la legge

«una evidente strategia per metterci in difficoltà» e forse «per condiziona­re la nostra attività al Consiglio». Una guerra di potere? «Oggi non svolgiamo una funzione di potere nel Csm» ha detto Ardita che assieme a Di Matteo ha proposto il sorteggio temperato per i componenti del Consiglio, la rotazione degli incarichi e l’abolizione dell’immunità per i consiglier­i. E ha chiuso:«Noi non vogliamo una guerra di potere perché il potere non lo vogliamo noi, né che lo abbia il Csm. Vogliamo toglierlo per restituire autonomia».

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