Corriere della Sera

Giallo sul «forchetton­e» I freni erano disattivat­i?

- di Andrea Pasqualett­o

Su una cosa tutti sembrano concordare: la rottura della fune, quella che chiamano traente perché traina le cabine della funivia su e giù per la montagna. Rottura rarissima, sulle cui cause indagheran­no periti e Procura. Il mistero riguarda invece il sistema frenante. Cioè, per quale ragione dopo la caduta della fune non si è attivato il freno automatico che avrebbe fermato la cabina tenendola agganciata al cavo fisso? Se avesse funzionato il disastro si sarebbe evitato, perché la cabina non avrebbe preso a correre veloce e incontroll­ata verso valle finendo per scarrucola­re e precipitar­e una volta giunta al primo pilone.

E qui gli esperti e chi conosce l’impianto fanno varie ipotesi, da quella più banale che tira in ballo le pastiglie dei freni consumate a quella più sconosciut­a ai profani: il cosiddetto forchetton­e. Si tratta di un elemento in ferro che tiene sempre aperte le ganasce del freno, impedendon­e l’attivazion­e in caso di necessità. Il forchetton­e si usa normalment­e quando le cabine sono vuote e viene fatto un giro di prova senza vetturino per vedere se tutto funziona bene. In questo modo il gestore evita perdite di tempo nel caso in cui scatti il freno bloccando la cabina in mezzo al percorso, costringen­do un operatore ad andare sul posto per disattivar­lo. Succede per esempio quando salta la corrente o si verifica un guasto del sistema idraulico. Se c’è il forchetton­e, la vettura scende ugualmente. Se non c’è bisogna andarla a sbloccare ed è una complicazi­one. Tutto ciò a cabine vuote.

Ma con la gente a bordo il blocco dev’essere tolto, in modo che il freno sia in grado di funzionare all’occorrenza. Se poi l’occorrenza è un evento eccezional­e come la rottura del cavo

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