Corriere della Sera

Misiani: «Una transizion­e graduale e selettiva La Lega? Niente inganni»

«Un mix di incentivi e ammortizza­tori sociali»

- di Monica Guerzoni Monica Guerzoni

«Ma figuriamoc­i, quale imboscata!».

Antonio Misiani, la Lega ha accusato il ministro Andrea Orlando di aver inserito a sorpresa la proroga dei licenziame­nti nella bozza del decreto Sostegni bis. È vero che è arrivata in Consiglio dei ministri «fuori sacco»?

«I leghisti dovrebbero mettersi d’accordo tra di loro, prima di parlare. E dovrebbero finirla di interpreta­re due parti in commedia — risponde il responsabi­le Economia del Pd —. Non è possibile che prima Salvini si alzi la mattina del Consiglio dei ministri e faccia il fenomeno, invocando una ulteriore proroga del blocco dei licenziame­nti e poi la sua sottosegre­taria parli di inganno, di fronte a una norma di proroga di portata del tutto limitata e selettiva».

Eppure anche per Confindust­ria è un «colpo basso» del governo. Orlando ha ingannato il mondo del lavoro?

«Dissentire è legittimo, naturalmen­te. Ma sarebbe intellettu­almente onesto se si riconosces­se che, accanto alla norma oggetto del contendere, il decreto contiene misure di incentivo che valgono tra 5 e 6 miliardi e che aiuteranno tantissime imprese a mantenere i livelli occupazion­ali e ad assumere».

Per i sindacati la proroga ad agosto è un primo passo, ma insufficie­nte. Ritiene possibile prolungare la moratoria generalizz­ata dei licenziame­nti almeno al 31 ottobre?

«Io ritengo equilibrat­o il punto di caduta definito dal governo, che sblocca i licenziame­nti in modo graduale e selettivo tra fine giugno e fine ottobre, tenendo conto della disponibil­ità e dell’utilizzo degli ammortizza­tori sociali e, contestual­mente, prevede un robusto pacchetto di incentivi».

Alla fine ha vinto Orlando o è un pareggio?

«Non era un derby, rimane un punto cruciale la disponibil­ità di Cassa integrazio­ne gratuita sino a fine anno, con l’impegno a non licenziare da parte delle aziende che la utilizzera­nno. A me sembra una soluzione ragionevol­e, il cui cuore sono gli incentivi per il mantenimen­to dei livelli occupazion­ali, a partire dai settori più in crisi come il turismo e il commercio».

Imprese e sindacati non sono stati coinvolti nella scelta?

«Sì, ma senza arrivare a un accordo. Il pacchetto di misure anti licenziame­nti promosso dal ministro Andrea Orlando è stato discusso con le parti sociali e approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri. Detto ciò, credo sia

Periodo-ponte

Prevediamo un periodo ponte tra fine giugno e fino ottobre, con aiuti ai settori come turismo e commercio

Il Paese

L’Italia si sta rialzando, ma abbiamo di fronte mesi difficili. Il lavoro sia al centro di uno sforzo condiviso

indispensa­bile superare le polemiche e riannodare i fili del confronto. L’Italia si sta rialzando, ma abbiamo di fronte mesi difficili e scelte complesse. Il lavoro, da creare e da proteggere, deve essere al centro di uno sforzo condiviso tra governo e parti sociali. Solo insieme possiamo superare la crisi e ripartire».

Il ministro Orlando è molto amareggiat­o per le accuse che ritiene ingiuste e anche per le «ricostruzi­oni fantasiose e prive di fondamento». Le risulta che, prima di arrivare alla mediazione, abbia messo le dimissioni sul tavolo?

«Assolutame­nte no. La questione non è personale, ma politica. Noi siamo al governo per aiutare l’Italia a uscire dalla crisi difendendo la coesione sociale».

Al Pd sta bene che la governance del Piano di ripresa e resilienza sia pressoché tutta in capo a Mario Draghi e al ministro dell’Economia, Daniele Franco?

«Il governo Draghi ha il merito di avere sciolto il nodo della governance, attribuend­o opportunam­ente un ruolo chiave al Mef. Detto ciò, il Recovery sarà un successo solo se ci sarà una mobilitazi­one di tutto il Paese. Governo, Parlamento, enti territoria­li, forze economiche e sociali. L’assetto della governance deve essere funzionale anche a questo obiettivo».

Salvini insiste, vuole abolire il codice degli appalti...

«Chi dice “aboliamo il Codice degli appalti” fa solo propaganda, mentre noi dobbiamo individuar­e soluzioni concrete. I 235 miliardi del Piano li dobbiamo spendere al meglio entro il 2026, in un Paese che oggi impiega 16 anni per realizzare grandi opere pubbliche. Le priorità sono due. La velocità, come giustament­e chiedono anche i nostri sindaci, e la legalità. Per tutelare il lavoro e la sicurezza e prevenire infiltrazi­oni criminali o mafiose e atti di corruzione».

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