«Con il dirottamento è finita l’impunità per il regime di Minsk»
Tikhanovskaya: bisogna chiudere tutti i rubinetti
«Questi sono i giorni peggiori dai tempi del terrore di Stalin. È inimmaginabile. Ma dopo domenica siamo sicuri: l’impunità di Lukashenko è finita». Si dice «scioccata» Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa che da nove mesi, dopo che il regime ha minacciato di sottrarle i figli, si è esiliata in Lituania. Ora è a Atene «per visite al governo greco, che ci promette le prossime elezioni»: proprio lì nei giorni scorsi ha incontrato Roman Protasevich, arrestato a Minsk dopo il dirottamento; proprio lì è arrivata, la scorsa settimana, a bordo dello stesso volo. «Non so dire perché non abbiano dirottato il mio, e arrestato me. Sono, come tutti, in stato di choc».
Continuerà a viaggiare?
«Certo, questo caso ha mostrato che un aereo tra due Paesi Ue e Nato può essere dirottato. La mia sicurezza personale è quella di tutti i bielorussi: chiunque di noi può essere catturato, picchiato e torturato in ogni momento, come Roman Protasevich».
Cosa succederà al giornalista e alla sua compagna?
«Purtroppo chi è nelle mani dello Stato può subire qualchiusa
siasi cosa. Uno di noi, un attivista pro-democrazia, è morto in una colonia penale la settimana scorsa e non sappiamo perché. Non lo sapremo finché non cambierà il regime. Nessuno ha mai risposto delle morti e delle torture che ci sono state dal 9 agosto scorso (l’inizio delle proteste, ndr). È il risultato dell’impunità di
cui Lukashenko gode da tempo. Con questo gesto però ha passato il segno. Il mondo si è reso conto che questo regime non è un pericolo solo per la Bielorussia, ma per tutti».
Lo sdegno dei leader occidentali è stato unanime. Come potrà tradursi in un supporto alla vostra causa?
«È tempo di passare dalle parole ai fatti. Le sanzioni vanno estese il più possibile, la cooperazione di ogni tipo, anche commerciale, col Paese. Persino gli aiuti alla popolazione. Ogni centesimo che va in Bielorussia, anche a fin di bene, se passa dalle mani del governo finisce per finanziare la tortura delle persone migliori del nostro popolo».
A breve Joe Biden e Vladimir Putin si incontreranno per la prima volta. Discuteranno di Bielorussia?
«Ne sono certa. Incontro spesso i leader del mondo occidentale, e stiamo studiando possibili risposte congiunte. La chiave sono sempre le sanzioni».
Arresti, torture, militanti costretti all’esilio... il regime ha vinto?
«Il regime ha perso. In patria sono banditi i sondaggi, ma ne abbiamo di clandestini e sappiamo che il supporto anche dei pochi mercenari che gli sono fedeli, o delle fasce più arretrate che credono alla sua propaganda, e parliamo ormai di un 15% del Paese, sta per finire. Se non altro perché Lukashenko finirà presto i soldi per comprarseli. Si sta concentrando sul mantenimento del potere, ma nessuno bada più nemmeno alla manutenzione ordinaria. Solo nell’ultima settimana è crollato un viadotto, un aereo militare è caduto facendo due morti, c’è stata un’infiltrazione in un pozzo e cento persone sono finite in ospedale... il Paese va in pezzi. In più vedere tanti di noi reagire, consultarsi, coordinarsi per una società più libera ha gettato i semi di una struttura civile. Con i compagni arrestati, tra cui mio marito, comunichiamo sempre: il movimento è vivo».
Per qualcuno un gesto plateale come il dirottamento è invece un segno di forza.
«Al contrario. È un segno che Lukashenko non sa quello che fa. E che non ha più altro mezzo, per mantenere il potere, che la paura. Non ci governi un Paese, con la paura. Il gesto di domenica è stato irreversibile e porterà il regime al collasso. Nel frattempo noi dobbiamo evitare però che ci siano altre vittime».