Traumi, progressi e ancora violenza Minneapolis un anno dopo Floyd
Una città impaurita ricorda l’afroamericano. Il quotidiano locale invoca il «cessate il fuoco»
Davanti al palazzo del governo della contea di Minneapolis, con alle spalle il tribunale nel quale poche settimane fa è stato condannato Derek Chauvin, il poliziotto che il 25 maggio dello scorso anno uccise George Floyd tenendogli un ginocchio premuto sul collo per più di 9 minuti, Bridgett Floyd celebra il doloroso anniversario sostenendo che il sacrificio del fratello ha costretto la polizia a cambiare: «Non può più nascondere le violenze sui neri spazzandole sotto il tappeto e i tribunali hanno dovuto riaprire casi già archiviati».
Sul palco, dopo l’avvocato della famiglia Floyd, George Crump, sale il reverendo Al Sharpton, celebre attivista afroamericano: per lui George passerà alla storia non come un martire ma come un game changer, uno che ha cambiato le regole del gioco.
La fondazione che porta il nome di George Floyd e l’organizzazione di Black Lives Matter hanno fatto le cose in grande per questo anniversario: manifestazioni, mostre di opere d’arte ispirate alle violenze sui neri, lanci di fiori in tutto il centro cittadino e caroselli di centauri sulle loro moto, festa con canti gospel, danze e lancio di palloni aerostatici nel parco comunale. Ma la manifestazione di domenica, clou delle celebrazioni in città (che oggi culmineranno a Washington con l’incontro alla Casa Bianca tra il presidente Biden e la famiglia Floyd) si svolge in una metropoli pressoché deserta, davanti a una folla davvero piccola: a fianco delle autorità — sindaco, governatore, senatori e deputati del Minnesota — e alle telecamere di tutte le reti televisive non ci sono più di mille persone.
Stanchezza? Paura? Di certo Minneapolis è una città martoriata e ancora scioccata. Il sindaco, Jacob Frey, che continua a sfornare piani per la normalizzazione dei rapporti tra polizia e minoranze etniche, va oltre Floyd: «Nell’ultimo anno la città è stata sepolta sotto una catasta di traudella mi». Sarebbe ora, imparata la lezione, di riprendere il cammino, ma è difficile farlo quando, nonostante i balli e i fiori, la sensazione è che i guai non siano ancora finiti.
In molti luoghi di Minneapolis negozi chiusi e vetrate foderate di legno ricordano le devastazioni dello scorso anno: centinaia di edifici commerciali e anche una centrale polizia, il Terzo Distretto, dati alle fiamme. Ma sono anche testimonianza dei timori che perdurano in una città nella quale violenze, atti vandalici e omicidi sono in forte aumento mentre la polizia, tuttora sul banco degli imputati, è poco attiva. Nella piazza della manifestazione non ci sono poliziotti (non agenti in divisa, almeno). Un gruppo di miliziani armati delle New Black Panthers sostiene di essere lì per fare servizio d’ordine.
In realtà con le tute mimetiche, i berretti rossi, i volti totalmente coperti, i mitra a tracolla, queste Pantere Nere sembrano avere un ruolo coreografico, più che operativo. Ma mandano anche un messaggio politico: se la filosofia americana della libertà di armarsi fino ai denti è immutabile, gli afroamericani sono pronti a contrastare le milizie armate della supremazia bianca sullo stesso terreno.
In questi giorni non ci sono state grandi contromanifestazioni di destra, ma non sono mancate provocazioni isolate e anche episodi di vandalismo nel luogo in cui fu ucciso George Floyd: un incrocio ribattezzato Floyd Square, chiuso al traffico e trasformato in santuario a cielo aperto. Anche qui la polizia rimane a una distanza di almeno due isolati (no pigs ammonisce un cartello issato sulla barriera di cemento che chiude la piazza), mentre il servizio d’ordine è svolto da una cellula locale di Black Lives Matter.
La città è impaurita e scossa non solo perché la ferita di George Floyd non è stata rimarginata nemmeno dalla dura condanna dell’agente omicida e, anzi, ha ripreso a sanguinare dopo che, l’11 aprile scorso, una poliziotta ha ucciso in un banale controllo stradale un ragazzo, Daunte Wright, scambiando la sua pistola d’ordinanza per un teaser. Nell’ultimo anno gli episodi di criminalità comune a Minneapolis sono enormemente aumentati: fin qui 31 omicidi nel 2021, il doppio rispetto allo scorso anno. I reati sono cresciuti in tutta l’America, da New York a Chicago, per effetto della pandemia, oltre che per le tensioni razziali. Ma questa città, un tempo tranquilla, è la più sconvolta: 22 bambini colpiti con armi da fuoco e, solo nell’ultimo weekend, 3 morti e 15 feriti in varie sparatorie. Numeri che hanno indotto lo «Star Tribune», il quotidiano della città, a chiedere nell’editoriale domenicale un cessate il fuoco nelle strade della città. Come a Gerusalemme e a Gaza.