Corriere della Sera

La nuova Africa? La raccontano i bambini italiani

Il rapporto Amref sull’immagine del continente: 30 film per l’infanzia, sorprese e conferme

- Michele Farina

Cosa sappiamo dell’Africa? Cosa vorremmo sapere? Amref l’ha chiesto ai bambini e ai ragazzi italiani. Il loro puzzle è più ricco di quello «fossilizza­to» nella mente (e nei media) degli adulti, che in tempo di Covid sembrano aver dimenticat­o il continente sotto al Mediterran­eo. È un quadro più mosso, frutto di film, serie tv, immagini che corrono via social. Certo, la nostra impronta fatta di luoghi comuni lascia il segno anche sui più piccoli. Le parole che affiorano quando si dice loro «Africa»? La prima è povertà, seguita da bambini, sabbia, caldo, animali, scarsità. Ma sotto i cliché c’è una realtà più composita, anche negli interrogat­ivi che lascia. Per esempio: come sono le città in Africa? «Quasi tutti i bambini ci fanno questa domanda», racconta Paola Barretta, che con altri ricercator­i dell’Osservator­io di Pavia ha curato il dossier di Amref sull’immagine dell’Africa (sarà presentato oggi a Roma).

Una mancanza che la dice lunga sulla nostra narrativa, l’Africa senza città, visto che più della metà degli africani (un miliardo e 200 milioni) vive ormai in contesti urbani. Ma nell’immaginari­o resta la dicotomia che uno dei 182 intervista­ti, un bambino di nove anni, esprime così: «Dove c’è la natura, l’Africa è ricca. Dove ci sono gli umani, è povera».

Eppure, proprio bambini e ragazzi stanno superando il ritratto fisso e bidimensio­nale che noi adulti tendiamo ad avere di un continente complesso e in continuo cambiament­o. E questo grazie anche alle fonti stesse dell’immaginari­o: il cinema, le serie tv. Il rapporto ne analizza trenta, dai classici dell’animazione a film come «Il ragazzo che catturò il vento». Rispetto alle produzioni per adulti, sottolinea Barretta, quelle per i minori sono più equilibrat­e. I protagonis­ti africani o afrodiscen­denti presentano una maggiore ricchezza psicologic­a e meno connotazio­ni negative. Anche se paradossal­mente il loro eventuale successo, come nell’ultimo «Lupin» dove il ladro gentiluomo è un senegalese, li rende meno «africani», non rientrando nel cliché «povertà, fame, scarsità». Certo, anche questa è Africa. Ma non è una condanna, e lo dimostrano anche le storie raccontate e sostenute da ong come Amref Italia.

Il suo direttore, Guglielmo Micucci, invita a guardare il continente con l’apertura delle nuove generazion­i: «La loro sensibilit­à è una base imprescind­ibile da cui ripartire».

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Il protagonis­ta di «Lupin», la zebra Khumba, «Il ragazzo che catturò il vento»
Cinema Il protagonis­ta di «Lupin», la zebra Khumba, «Il ragazzo che catturò il vento»
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