SECONDO BORIS SI STUDIA SOLO PER FARE SOLDI
Il messaggio di Boris Johnson agli studenti britannici è molto chiaro: bisogna scartare le facoltà umanistiche e iscriversi, invece, a quelle tecnicoscientifiche. Non si sceglie un corso universitario per inseguire le proprie passioni, ma solo per rispondere alle prospettive occupazionali. Guadagnare salari modesti o addirittura restare senza lavoro, significa creare problemi all’erario a causa del mancato rimborso dei prestiti concessi ai giovani per completare gli studi. Investire nelle arti e nelle scienze umane, insomma, diventa sempre più pericoloso anche per gli stessi atenei, che saranno costretti a cancellare quei corsi giudicati economicamente non «sostenibili». Ormai appare evidente che educazione e ricerca debbano essere al servizio esclusivo del mercato. Non si studia per imparare e per coltivare una passione, ma per abbracciare una professione in grado di garantire lauti guadagni. Detto in altri termini: bisogna rinunciare alla letteratura o all’arte o alla storia, per inseguire solo quei mestieri che assicurano un ricco profitto. Ma che medici, informatici e scienziati formeremo se, alla base dello studio, porremo il solo desiderio di far soldi? Avremo una scienza più avanzata e una società migliore se, in base a un miope calcolo economicistico, «cancelleremo» le facoltà umanistiche? Robert Wilson, grande fisico della Cornell University, ci aveva già messo in guardia nel 1969. Alla brutale domanda del senatore John Pastore sull’utilità del «Fermi National Accelerator Laboratory» (le sue ricerche serviranno a proteggere militarmente il nostro Paese?), lo scienziato-umanista aveva risposto: «Il mio progetto si chiede: siamo bravi pittori, bravi scultori, grandi poeti? Intendo tutto ciò che veneriamo e onoriamo nel nostro Paese. La nuova conoscenza non ha relazioni dirette con la difesa del nostro Paese, tranne perché aiuta a rendere il nostro Paese più degno di essere difeso».