«Lauree più flessibili e saperi humanTech per spingere la crescita»
Dalle lingue orientali al cloud, dal digitale alla creatività umana. Stiamo entrando nell’era dello STEManesimo, l’incastro tra le competenze dell’informatica e dell’ingegneria, e le conoscenze umanistiche: linguaggio, logica, filosofia. A inquadrare questa transizione gli ospiti della seconda tappa del viaggio di Corriere della sera “Capitale umano, quali competenze per ripartire”. Se l’obiettivo è l’alfabetizzazione tecnologica del Paese, il digitale deve diventare l’equivalente della penna per scrivere. Ne è convinto Gaetano
Manfredi, già ministro dell’Università e della ricerca, che ha parlato di superare i modelli formativi del passato. Niente lauree rigide e percorsi verticali ma spazio a programmi trasversali. «Occorre — dice — ibridare nei contenuti e nelle forme dell’educazione. Le Academy, ad esempio, consentono di creare dei partenariati con le aziende permettendo alle università di scoprire quali competenze mancano». La sfida è costruire linguaggi comuni per arrivare a una società più competente. Per farlo secondo Anna Nozza, responsabile risorse umane di Accenture Italia, occorre lavorare sulle contaminazioni. «Oggi — spiega — i team di lavoro richiedono competenze multidisciplinari. Per i progetti di Ai occorrono persone con background STEM ma è fondamentale avere profili con competenze umanistiche relative al linguaggio. Si pensi solo a un chatbot che assiste il cliente». Dice Stefano Trombetta di Accenture: «Non dobbiamo essere tutti ingegneri ma dobbiamo saper interagire con le macchine. La tecnologia sta diventando una commodity, non sarà il solo elemento differenziale nel mercato». Fondamentale quindi avere persone in formazione continua. Renato Dorrucci, responsabile formazione Intesa Sanpaolo, ha ideato una formazione in stile Spotify per i 5 mila dipendenti della banca. «Play list con corsi di 5 minuti personalizzati. Così favoriamo il reskilling, aggiorniamo le competenze e creiamo nuovi mestieri in banca». In evoluzione anche la Pa, al centro di una riforma storica inserita nel Pnrr. Per Stefano Tomasini, direttore centrale organizzazione digitale Inail: «Dobbiamo lavorare sulla centralità dell’utente e sul risultato. La Pa può essere una grande piattaforma abilitatrice del digitale».