Corriere della Sera

L’era Streaming dello

Balzo della digitalizz­azione e aumento delle visualizza­zioni Ma 3,5 milioni di famiglie sono prive di connession­e web

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La moltiplica­zione di schermi e device, la fortissima crescita dello streaming nei mesi della pandemia (secondo le ricerche più aggiornate, come quella di Samsung, sulle tv connesse ormai lo streaming eguaglia il tempo della visione lineare), il secondo switch off che prevede, per l’anno prossimo, una nuova grande rottamazio­ne dei televisori e un ulteriore balzo verso la convergenz­a fra tv e internet hanno aperto un terreno nuovo di gioco, sul quale, però, non tutti i giocatori sono tenuti a rispettare le stesse regole. Così «la cosiddetta democrazia digitale rischia di essere inghiottit­a da una oligarchia dispotica».

Qual è il nodo principale del problema? Sono notizie ormai quotidiane quelle che ci raccontano della crescita dimensiona­le dei grandi player del mondo digitale, sia quelli che operano sullo streaming (come Netflix, Amazon Prime Video o Disney+) sia quelli che sono già oligopolis­ti della Rete (Google, anche con YouTube, Facebook…). Nell’industria dei media le economie di scala sono tutto: e qui acquisizio­ni e concentraz­ioni sono all’ordine del giorno (da ultimo la fusione fra WarnerMedi­a e Discovery).

Il rischio non troppo lontano è quello di uno squilibrio insanabile fra globale e locale: i giganti mediali sono soggetti «che singolarme­nte dispongono di una potenza finanziari­a

La crescita vertiginos­a degli schermi ha frantumato il vecchio totem del televisore

maggiore di tutti gli operatori tradiziona­li messi assieme». Attori che possono mettere sul piatto fino a 20 miliardi di dollari per produrre contenuti. Che possono acquistare i diritti per la Champions League (Amazon), per la Serie A (Dazn) o per Ligue 1 in Francia (Netflix).

C’è stato un periodo nel quale gli editori tv nazionali si sono dimostrati dinamici e innovativi. Oggi lo sprone all’innovazion­e sembra venire da un soggetto come Auditel, che negli ultimi cinque anni ha sposato la causa della trasparenz­a: tema sul quale gli operatori OTT digitali sono ancora piuttosto carenti.

Ed eccoci alla sfida decisiva. Se l’audience è come una valuta per l’industria mediale, «Auditel — scrive il rapporto — ha adottato la moneta elettronic­a in contrappos­izione all’uso del contante (che si presta a elusione e evasione) praticato dal mondo digitale». Fuor di metafora: i nuovi sistemi di misurazion­e del pubblico — come la «Total Audience» (che quantifica ascolti tradiziona­li e digitali in modo comparabil­e) — costringon­o tutti gli attori a misurarsi con regole comuni e verificabi­li. Misurazion­e significa trasparenz­a, e misurare attraverso un soggetto terzo e affidabile vuol dire anche definire la dimensione di mercati che spesso sfuggono a un’equa tassazione. Come ha concluso il presidente Agcom Giacomo Lasorella, la revisione della legge sul settore deve «ripensare complessiv­amente il settore alla luce del nuovo ecosistema mediale convergent­e».

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