Corriere della Sera

«Il gioco di Benny in cima al mondo L’Olimpiade per noi sarà come Natale»

D’Onghia, tecnico per hobby di baby Pilato racconta com’è nato il record nei 50 rana

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«La mattina dopo il record sono passato dall’edicola e ho trovato Benny su tutti i giornali; sono salito in macchina e a Radio Deejay parlavano di lei. “Ma che è?” ho pensato. Assurdo, questa dimensione non ci appartiene, la guardiamo quasi con stupore».

Questa stranissim­a coppia avrà tempo per abituarsi: Vito D’Onghia, un dipendente Asl che ama insegnare il nuoto ai bambini («Come tipo sono il contrario del generale»), quando è ancora giovanissi­mo, scopre un peperino di 4 anni che risponde al nome Benedetta Pilato, che all’inizio non si butta in acqua neanche volentieri e che oggi è la rana più veloce del West e anche dell’East, record del mondo dei 50 in 29”30. I due iniziano un percorso di amicizia («Benedetta è venuta al mio matrimonio, era in ospedale quando è nato il mio primo figlio che ora ha 3 anni e la riconosce in tv») e crescita tecnica in parallelo che ha pochi eguali nella storia dello sport: «La prima volta agli Assoluti io facevo le foto a Paltrinier­i», racconta ora Vito che di anni ne ha 38 e si è goduto pur da lontano

il tetto del mondo. «Vuole sapere qual è il segreto di Benedetta? Potrei parlarle dell’allenament­o, mettermi qui a tirarmela, ma la base è un’altra: noi abbiamo iniziato per gioco e continuere­mo così. La mattina lei va a scuola e io al lavoro e al pomeriggio ci dedichiamo alla nostra passione. Prima di conquistar­e il pass per Tokyo Benny non sapeva neanche quale fosse il tempo per qualificar­si. I nuotatori non li ha mai mitizzati, perciò appare sfrontata: lei guarda se una è simpatica o di che colore ha le unghie, non che tempi fa. Io ho uno stipendio sicuro, i risultati di Benedetta non danno da mangiare alla mia famiglia. Questo fa la differenza, io sono sempre sereno e la serenità la trasmetto a lei in acqua». Il resto lo fanno papà Salvatore, impiegato in Marina, e mamma Antonella: «Sa quanti ne ho visti che non hanno neanche un mignolo del talento di Benedetta, ma hanno genitori che li sottopongo­no a trasferte allucinant­i e se i risultati non vengono è una tragedia? I genitori di Benedetta no».

Lasciate tutto così, dunque. Non toccate nulla, finché si potrà. Benedetta è tesserata Aniene, va a Roma a fare dei collegiali, ha provato l’esperienza della Isl, il campionato per cui è stata a Budapest un mese e mezzo, poi torna a Taranto, dove si è creato un mix di artigianal­ità altissima e ingegno italico al servizio di un fenomeno naturale («Benny ha le caratteris­tiche del velocista puro, la fibra bianca, la fibra muscolare super-reattiva») ma anche di una ragazzina con un corpo che cambia. Questa sarà la sfida dei prossimi mesi: «Nuotata, virata, partenza, tuffo, ogni mese dobbiamo riadattarl­i, cerchiamo di accompagna­re la crescita di Benedetta, che è già completame­nte diversa da quando a 14 anni ha vinto l’argento mondiale a Guangzhou. Lo staff oltre a me è composto dal bio meccanico Stefano Nurra che lavora con la Nazionale turca, il medico Franco Confalonie­ri (che la vede una volta al mese) e il preparator­e atletico Luigi Zaffarano». Assieme stanno cucendo addosso a Benny una nuotata tutta sua. Qualcuno dice che assomiglia a quella di Adam Peaty, il dominatore mondiale della rana: «Sono i due più veloci al mondo, Peaty è più potente, tutto braccia. Devo dire che nessuno nuota come lei: se vede le altre respirano e si immergono, Benny no, è sempre sopra l’acqua, sempre in presa, con un ritmo altissimo, è una nuotata molto dispendios­a, per questo non può fare i 200».

L’ingranaggi­o adesso deve mettere a punto i 100, la specialità olimpica, con la quale Benny sta imparando a venire a patti (con migliorame­nti velocissim­i). Fino a qui ha funzionato tutto così alla perfezione che non viene neanche voglia di ricordare che parliamo di Taranto, una città dai mille problemi, e sottolinea­re la carenza delle strutture. «Potrei dire che abbiamo preparato un Mondiale in una vasca con i materassin­i a fianco, ma che serve? Ci divertiamo pure nei viaggi per la piscina di Bari, Benny è una chiacchier­ona. Senza scordarsi che noi da marzo a ottobre andiamo al mare. E poi lo spirito di adattament­o di noi del Sud ci serve, alle gare mica trovi tutte le condizioni che vuoi tu, Benny è più pronta quando va fuori».

Adesso, con i compliment­i del mondo incassati, con nel telefono i messaggi di Lilly King e Ryan Lochte, c’è da gestire un piccolo tsunami, mediatico ed emotivo. Le preoccupaz­ioni per l’Olimpiade crescerann­o. «Preoccupaz­ioni? Non ne voglio proprio sentir parlare. Per noi l’Olimpiade deve essere come il Natale: l’attesa, la vigilia devono essere più belle persino della festa. Lo dico sempre a Benny che dobbiamo goderci ogni attimo, che i nostri nipoti dovranno stancarsi di sentirci raccontare l’esperienza di Tokyo». Aspettiamo Babbo Natale allora.

Lo spirito Io lavoro all’Asl, non sfamo la famiglia con i suoi risultati, questo dà a tutti molta serenità

La tecnica Nessuno nuota come Benedetta, sempre sopra l’acqua: è velocissim­a ma dispendios­a

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Vito D’Onghia, 38 anni, e Benedetta Pilato, 16: i due si definiscon­o più «due amici» che non allenatore e allieva: D’Onghia è tecnico per hobby perché è dipendente all’Asl di Taranto e cerca di conciliare le due attività. Allena Benedetta da quando aveva 4 anni
(Afp, Ipp) Amici Vito D’Onghia, 38 anni, e Benedetta Pilato, 16: i due si definiscon­o più «due amici» che non allenatore e allieva: D’Onghia è tecnico per hobby perché è dipendente all’Asl di Taranto e cerca di conciliare le due attività. Allena Benedetta da quando aveva 4 anni

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