La trasformazione Così Egan lavora per battere Pogacar
Il 31 dicembre scorso CORTINA D’AMPEZZO Egan Bernal ha festeggiato l’ultimo giorno del 2020 salendo in bici alle 10 del mattino per tornare a casa sette ore e 274 km dopo, giusto in tempo per il cenone. Ha valicato otto passi a quota tremila (vive a 2.600 metri, non soffre di mal di montagna), raggiunto i 100 all’ora in discesa e pestato fino a 950 watt sui pedali. Quando ieri è scattato sul Giau (dove ha battuto un record di scalata vecchio di 14 anni), la Cima Coppi del Giro deve essergli sembrata una collinetta rispetto alle vette della sua Zipaquirà, in Colombia. Al contrario della maggior parte dei big del ciclismo (che proteggono i dati come codici bancari) Egan pubblica molto su Strava: il database di chi pedala custodisce 152 mila km dei suoi allenamenti (velocità, battiti del cuore, potenza, ritmo di pedalata) coperti in 1.700 sedute. La cilindrata del motore di Bernal si è palesata sullo sterrato di Campo Felice, dove (in 3’45” di scalata, il tempo di una prova di inseguimento su pista) ha staccato tutti di 12”, un’enormità. Potenza da Van Der Poel, il re delle cotes fiamminghe, che Egan ha affinato con infinite ripetute in salita. L’obiettivo è chiaro: tornare a competere alla pari con un marziano come Pogacar — che l’ha annientato al Tour 2020 —, capace di cambi di ritmo improvvisi e violenti che non erano nelle corde del colombiano. I dati di Strava mostrano altro: rispetto al trionfale Tour 2019, Bernal «consuma» meno energia in gruppo. La maglia rosa (che ha solo 24 anni) sta completando la sua transizione da biker a corridore da grandi giri lavorando sull’economia di corsa e sulla capacità di «limare» nel plotone. E se non si vede chi possa portargli via questo Giro o la prossima Vuelta, quando deciderà di tornare a sfidare i Pogacar o i Roglic al Tour non partirà con complessi di inferiorità.