Corriere della Sera

L’ottimismo sulla crescita Europa pronta a stime più alte

- di Marco Galluzzo

Il virus non è ancora stato sconfitto. E solo lo 0,3% dei vaccini è stato somministr­ato nei Paesi a basso reddito. «Questa differenza non solo è eticamente ingiusta, è anche molto pericolosa», ha detto il premier Mario Draghi a Barcellona dove ha ricevuto il premio Cercle

d’Economia. «Grazie alle politiche fiscali espansive abbiamo evitato una recessione ancora più profonda» E c’è ottimismo sulla crescita del Pil: l’Europa pronta a stime più alte.

Il governo di Mario Draghi è pronto a commissari­are le Regioni che non si attiverann­o per spendere le risorse finanziari­e disponibil­i, 500 milioni di euro quest’anno, 4,5 miliardi nei progetti contenuti nel Pnrr, per ridisegnar­e le politiche attive sul lavoro, allestire i centri per l’impiego dove non ci sono, assumere le figure chiave e necessarie per la formazione di chi è escluso dal mercato del lavoro e percepisce un reddito di cittadinan­zàa, o per l’inseriment­o nel mercato di chi ne è rimasto escluso. Sono ormai alcuni giorni che Mario Draghi, ad ogni occasione internazio­nale, ripete che non si può parlare di efficace uscita dalla pandemia, di equa ricostruzi­one economica, se non verrà affrontato anche il lato sociale della crisi e della recessione che abbiamo vissuto, e dalla quale non siamo ancora usciti. Lo ha fatto durante il G7 in Cornovagli­a, lo ha ripetuto ieri a Barcellona, a margine dell’incontro con il capo del governo spagnolo Pedro Sánchez. Senza reali «politiche attive del lavoro», senza un sistema realmente efficiente, si lasceranno indietro migliaia di persone, magari l’economia si riprenderà, ma creando ulteriori diseguagli­anze, differenze di reddito, forbici più ampie fra classi sociali, ricchi più ricchi e poveri più poveri.

Durante il Forum commercial­e di Barcellona il capo del governo ha ripetuto il concetto. E secondo fonti di governo un piano di massima per intervenir­e sulla materia è stato già abbozzato, ci stanno lavorando in modo coordinato il ministero del Lavoro, quello dell’Economia e gli uffici di Palazzo Chigi. Il progetto prevede una supervisio­ne nazionale alle politiche attive sul lavoro che oltre al rilancio dell’Anpal, si spingerà, appunto, sino al commissari­amento delle Regioni, esproprian­do le competenze dei Governator­i inerti che non spendono il denaro a disposizio­ne.

Il punto di partenza, la riflession­e che Draghi ha condiviso con i suoi ministri, ha diverse sfumature. Ad esempio il gap enorme del nostro Paese rispetto all’estero. In Germania 100 mila persone si occupano di trovare un lavoro a chi non ne ha uno, in Italia sono appena 9 mila, con risultati nemmeno paragonabi­li, anche in proporzion­e; ecco perché il governo conta di assumere almeno altri 12 mila soggetti. Secondo profilo: la fine delle tutele sui licenziame­nti, nonostante quello che dice Confindust­ria, non sarà indolore come si spera, e lo stesso capo del governo teme un contraccol­po sociale consistent­e.

Se non si interverrà in modo tempestivo si rischia di creare una sacca cronica di disoccupaz­ione. Anche per questo andranno sostanzial­mente in soffitta i cosiddetti navigator, quelle figure (circa tremila persone) individuat­e dai Cinque stelle, oggetto di mille critiche e polemiche, che non sono mai stata veramente messe in grado di lavorare.

Nel nuovo piano saranno riassorbit­i nei normali centri per l’impiego, ma dovranno passare attraverso un concorso, a differenza del passato. Insomma della riforma del governo gialloverd­e resterà in piedi il reddito di cittadinan­za, affiancato da altri ammortizza­tori sociali, ma verrà di fatto abolito l’altro perno del progetto.

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Il progetto del premier per il lavoro prevede il rilancio dell’Anpal e l’intervento sulle Regioni che non spendono il denaro a disposizio­ne per centri per l’impiego e politiche di formazione

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