Corriere della Sera

La rete per il tracciamen­to

- di Margherita De Bac

«In Italia la variante Delta è sotto l’uno per cento» dice Anna Teresa Palamara, dell’Istituto superiore della sanità.

«Al momento la variante indiana, classifica­ta come Delta, non costituisc­e un particolar­e pericolo per l’Italia. A patto di continuare con le attività di tracciamen­to dei casi e isolamento dei contatti». Anna Teresa Palamara, da poco nominata a capo del dipartimen­to di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, è entrata subito in gioco. Il suo primo cimento è proprio il nuovo ceppo del SarsCoV-2. Contro la minaccia delle mutazioni virali sta partendo la rete italiana anti-epidemica (Ria), un’unica piattaform­a pubblica per la sorveglian­za, il sequenziam­ento, il monitoragg­io e la ricerca dedicate a questa emergenza e a quelle che verranno. Uno strumento che include l’iniziale progetto del Consorzio per il sequenziam­ento, annunciato a gennaio.

Di cosa si tratta?

«Abbiamo lavorato intensamen­te per mettere a punto col ministero della Salute e la struttura commissari­ale coordinata dal generale Figliuolo un presidio di contrasto alla pandemia che vuole diventare permanente per scongiurar­e le prossime emergenze. Sono coinvolti i laboratori di microbiolo­gia presenti sul nostro territorio. È un network che permetterà di lavorare tutti insieme e di garantire un’azione di sorveglian­za equilibrat­a in tutte le Regioni. Obiettivo principale, individuar­e precocemen­te le varianti e arrivare a sequenziar­e il 5% dei campioni positivi nei periodi ad alta circolazio­ne del virus e il 20% in quelli a bassa circolazio­ne».

Dopo la variante sudafrican­a, inglese, brasiliana e indiana ne aspettate altre?

«Il Sars-CoV-2 muta in continuazi­one, dobbiamo aspettarce­lo. Per il virus è un comportame­nto normale. Con una rete di monitoragg­io sapremo distinguer­e le varianti pericolose e mettere in campo rapidament­e le contromisu­re in modo da circoscriv­ere i focolai».

In arrivo altre mutazioni?

«Non è detto che i ceppi mutati saranno meno sensibili al vaccino o che daranno una malattia più severa ».

Cosa si sa della Delta?

«In Italia il numero dei casi è contenuto e circoscrit­to a focolai che fortunatam­ente sono tutti legati a positivi asintomati­ci. Questo fa ben sperare. Attualment­e la variante predominan­te è la alfa, l’inglese, identifica­ta nell’80% dei casi. La Delta è sotto l’1%».

Le sue caratteris­tiche?

«Anche la Delta mostra una mutazione nel gene della Spike, la proteina che il virus utilizza per legarsi alle cellule umane. È più contagiosa ma non più aggressiva in quanto a severità della malattia. Le 4 varianti finora emerse hanno mostrato le stesse caratteris­tiche. Di solito i virus evolvono per adattarsi all’ospite, l’uomo. Il loro obiettivo è sopravvive­re senza danneggiar­lo. Ma il nostro sistema immunitari­o non resta a guardare, si adatta al nuovo virus, gli anticorpi si aggiornano per contrastar­lo».

Il peggio è passato?

«Mai sottovalut­are questo virus. Il vaccino però è una protezione affidabile: due dosi conferisco­no una protezione importante, pur infettando­si si evita la malattia severa. Ciò non significa sentirsi autorizzat­i ad abbassare la guardia. Togliere la mascherina all’aperto può avere un senso in una fase di bassa circolazio­ne epidemica, nei luoghi chiusi però proteggiam­oci».

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Infettivol­oga Anna Teresa Palamara, da poco capo del dipartimen­to malattie infettive dell’Iss

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