Il timore di rinunce e di un colpo di freno alla campagna Così cambia la linea
Sul mix tassativo i dubbi nella squadra del commissario Figliuolo E la ribellione vedeva in prima fila la Regione Lazio Le perplessità sull’obbligo legato al farmaco
Erano giorni che la pentola dei vaccini bolliva. La decisione nel ministero della Salute di lasciare l’uso di AstraZeneca a chi ha più di sessanta anni e di rendere tassativo l’utilizzo di Pfizer e Moderna per chi i sessanta anni non li ha ancora, aveva scatenato liti e polemiche, tanto da mettere in dubbio la marcia della campagna vaccinale. Tanti facevano sapere che se queste erano le condizioni, nell’impossibilità di scegliere liberamente, avrebbero rinunciato ad accettare la seconda dose, oppure addirittura a vaccinarsi. È questa preoccupazione, spinta dall’onda della pericolosità crescente della variante indiana, a spingere il presidente del Consiglio, Mario Draghi, a cambiare passo.
Ora il ministero della Salute, guidato da Roberto Speranza, è costretto alla marcia indietro. Il mix vaccinale tra la prima e la seconda dose non sarà più obbligatorio, ma solamente consigliato. Un cambio di passo necessario ma che apre non pochi problemi, perché gli hub vaccinali dovranno attrezzarsi per avere vaccini sufficienti per le differenti richieste, difficili al momento da prevedere.
La ribellione contro l’ordinanza del ministero aveva visto in prima fila la Regione Lazio, tradizionalmente tra le più collaborative con il governo, che ieri ha definito quella scelta «un disastro». Compiuto sulla comprensibile emozione per la vicenda di Camilla, la ragazza morta di trombosi dopo la prima iniezione di AstraZeneca. L’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, evidentemente con il pieno accordo del suo presidente, Nicola Zingaretti, aveva insistito sulla assoluta necessità di non introdurre rigidità che potevano indebolire la campagna: «Noi abbiamo ricevuto segnali da duemila persone che sono pronte a rinunciare se non hanno la possibilità di scegliere».
Ma una contrarietà forte, seppure sotterranea, era maturata anche nella squadra del generale Francesco Paolo Figliuolo. Se non esiste un obbligo di fare i vaccini, si sosteneva, tantomeno si può rendere obbligatorio, dividendo la popolazione per età, il tipo di farmaco da usare. Il «tu devi», a partire dalla Costituzione, non esiste in Italia sulla salute. Libertà di scelta quindi, su consiglio medico. E anche la lettera scritta ieri dal generale alle Regioni rifletteva il timore che il colpo di coda delle varianti potesse far ripiombare il Paese nel vortice dei decessi e delle terapie intensive al collasso. Scriveva Figliuolo: ci sono ancora due milioni e ottocentomila anziani da mettere in sicurezza, è necessario rintracciarli, anche ricorrendo alle liste elettorali. Sono loro i più fragili, quelli a rischio, priorità assoluta, ad esempio, a fronte della messa in sicurezza degli adolescenti.
Ma è stato il tema della vaccinazione eterologa che ha tenuto banco in questi giorni nelle famiglie italiane. Fidarsi del mix tra AstraZeneca e Pfizer o Moderna? Cosa deve scegliere chi non ha fatto ancora la prima dose? Che fare con i ragazzi? Dubbi non aiutati da posizioni diverse nel mondo scientifico. L’Ema, l’agenzia europea, che dice di non avere ancora dati sufficienti per ritenere sicuro il mix vaccinale. Il presidente dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, Giorgio Palù, che è invece convinto che gli studi fatti in materia siano soddisfacenti e che la priorità sia bloccare la catena del contagio e le varianti. La presidente della Commissione tecnico scientifica della stessa Aifa, Patrizia Popoli, che è di diverso avviso e che in un’intervista al Giornale sostiene che per l’eterologa c’è una forte base teorica, ma non un campione sperimentale abbastanza ampio. E aggiunge che non avrebbe nessuna fretta di vaccinare un adolescente privo di fattori di rischio.
Il presidente del Consiglio, che come è ovvio ha superato i sessant’anni e che come prima dose ha usato AstraZeneca farà il mix vaccinale, perché non ha maturato sufficienti anticorpi e l’eterologa è capace di moltiplicarli. Una scelta che aiuta a rassicurare i cittadini sull’uso dei vaccini e che fa riflettere anche le persone sul livello di protezione raggiunto con la prima dose. Un’altra situazione che naturalmente può essere comune a molte persone e deve trovare preparati gli hub di vaccinazione per eventuali e probabili richieste.