Il premier in Spagna spinge la ripresa «Serve equità, puntiamo sul lavoro»
Draghi riceve il premio «Cercle d’Economia» e parla con Sánchez. «Il Pil italiano crescerà del 4,2%»
«Siamo ancora lontani dalla fine» del rischio pandemico. Solo lo 0,3% dei vaccini, sottolinea Mario Draghi, è stato somministrato ai Paesi a basso reddito, mentre i Paesi più ricchi hanno ricevuto l’85% dei vaccini. «Questa differenza non solo è eticamente ingiusta, è anche molto pericolosa. Fintanto che il virus continuerà a circolare liberamente, ci sarà sempre un rischio di nuove varianti. Una o più di esse potrebbero essere resistenti ai nostri vaccini, compromettendo il successo delle nostre campagne. Dobbiamo continuare ad investire nella ricerca, oltre ad accelerare l’impegno a garantire un accesso diffuso ai vaccini». Eppure, nonostante tutto, «ci sono le premesse per una rapida ripresa economica». «Secondo le previsioni della Commissione europea — spiega il premier — quest’anno il pil dell’Ue crescerà del 4,2%. In Italia e in Spagna, si prevede un aumento rispettivamente del 4,2% e del 5,9%, cifre che potrebbero essere riviste al rialzo».
Mario Draghi riceve il premio Cercle d’Economia per la costruzione europea e pronuncia un discorso che punteggia soprattutto le diverse prospettive macroeconomiche delle economie avanzate. Di fronte al capo del governo spagnolo Pedro Sanchez (con il quale avrà poi un bilaterale) e al gotha economico, accademico e imprenditoriale della Catalogna, il premier sottolinea che grazie alle politiche espansive messe in atto in questi mesi «abbiamo evitato una recessione ancora più profonda» di quella che si è verificata, e «sono stati salvati milioni di posti di lavoro». Ora però «il protrarsi della situazione di incertezza significa che le ragioni per mantenere una politica monetaria e fiscale espansiva restano convincenti».
Ma non bastano le previsioni economiche. C’è anche un lato sociale che Draghi rimarca come un mantra: «Dobbiamo fare in modo che la ripresa sia equa e sostenibile. Nel recente passato ci siamo dimenticati dell’importanza della coesione sociale. In seguito alla crisi del debito sovrano europeo, il numero di persone nell’Ue a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentato di 3,5 milioni, e quel numero non è ancora tornato ai livelli pre-crisi. Abbiamo dato la democrazia per scontata e abbiamo ignorato il rischio del populismo. Le nostre società stanno attraversando dei cambiamenti economici importanti e dobbiamo dare un sostegno ai lavoratori attraverso politiche attive del mercato del lavoro. Questo vuol dire creare nuove opportunità per le donne e per i giovani, oltre a riqualificare coloro che hanno perso il lavoro».