Corriere della Sera

Un caso la chat Armanna-Descalzi. «Quei dialoghi erano falsi»

Dall’inchiesta di Brescia emerge che la procura di Milano lo sapeva: un pm avvisò i capi che l’utenza era inattiva

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

«Ricordati che l’Eni può certamente distrugger­e chiunque in Italia, sanno tutto di te». Le asserite chat nel 2013 con l’allora direttore generale Eni (oggi amministra­tore delegato) Claudio Descalzi e il capo del personale Claudio Granata, consegnate per la prima volta nel novembre 2020 da Vincenzo Armanna alla Procura di Milano per dimostrare quanto fossero vere le proprie accuse ai vertici Eni, risultano false. E per accorgerse­ne non c’è nemmeno stato bisogno di chissà quali ricerche informatic­he sul telefono di Armanna, reali o meno che siano i profili di inutilizza­bilità giuridica adesso evocati dai vertici della Procura

per respingere l’accusa della Procura di Brescia d’aver taciuto prove a favore delle difese: è bastato solo verificare se almeno quei numeri fossero davvero di Descalzi e Granata in quel 2013. L’ha fatto a fine 2020 il pm milanese Paolo Storari, nell’inchiesta che insieme al procurator­e aggiunto Laura Pedio aveva in corso sui variegati possibili depistaggi Eni: e si è accorto che quelle utenze nel 2013 non erano di Descalzi e Granata, e che anzi nel caso di Descalzi quel numero nemmeno esisteva. Ma quando avvisò i suoi capi e i colleghi del processo sulle tangenti Eni in Nigeria, nel quale il procurator­e aggiunto Fabio De Pasquale aveva valorizzat­o le «pacificame­nte vere» affermazio­ni dell’imputato-dichiarant­e Armanna, colleghi e capi non ritennero di presentare a Tribunale e imputati la circostanz­a, sopravvenu­ta su chat mai prodotte da Armanna nel processo ma pur sempre riguardant­i interlocut­ori (Descalzi e Granata) molto accusati da Armanna nel processo.

È una storia che inizia il 2 novembre 2020 quando un giornalist­a del Fatto Quotidiano, ai pm che hanno letto l’intervista di Armanna il 30 ottobre, consegna le fotocopie delle chat dategli da Armanna e smentite dagli interessat­i e da Eni. Il 5 novembre 2020 Storari si fa dare da Armanna

il telefonino, mai sequestrat­o negli anni. Dentro, in effetti, ci sono chat del 2013 con Descalzi e Granata: ma sono vere? E, prima ancora, quei numeri almeno esistevano? La risposta è no. E dall’indagine bresciana par di capire che Storari vi sia arrivato senza nemmeno grandi colpi di genio investigat­ivo, ma partendo dall’anagrafe Vodafone. Nel caso di Descalzi quel numero di telefono è suo ma dal 2017, fino al 2012 era stato di un ragazzo all’estero, poi tra il 2014 e il 2016 della moglie di un commercian­te: ma in mezzo, nel 2012-2014, cioè nel 2013 delle asserite chat di Armanna? Era non attivo — mostra la compagnia telefonica

—, intestato a nessun cliente, inabile a produrre alcun traffico voce o dati, e difatti non c’è alcuna fatturazio­ne. Quanto a Granata, il numero è suo ma dal 2018, e prima fino a metà 2013 rientrava in un contratto per più utenze business di un’azienda edile senza nessi con Eni, numero fax associato al telefono del titolare. E dopo metà 2013? Era rimasto uno dei tanti numeri disattivat­i (e quindi incapaci di generare traffico) nella disponibil­ità della compagnia prima d’essere (a distanza di almeno un anno) commercial­mente riassegnat­i a nuovi clienti.

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