Pepli e (ora) sneaker Atene, le dee di Dior
Settant’anni dopo la foto al Partenone, Maria Grazia Chiuri porta la Cruise per l’estate 2022 allo Stadio del Marmo
Allo Stadio del marmo di Atene sfilano tra fuochi pirotecnici, bracieri accesi e musica d’orchestra dal vivo i pepli sporty di Dior. Maria Grazia Chiuri spinge la sua collezione Cruise per l’estate 2022 oltre i luoghi comuni e affronta la Grecia, l’Olimpo e le dee senza scivolare in facili citazioni, ma con racconti che entrano nella storia della maison ed escono in un oggi dove il corpo esige di essere libero, a prescindere dalle performance. Un’ispirazione forte nella scelta della città, che è la giustificazione: la foto del 1951 delle dee di monsieur Christian Dior fotografate davanti all’Acropoli. «Vidi quell’immagine la prima volta che entrai in atelier — racconta la stilista — mi colpì per la visione globale: di monsieur ho imparato ad ammirare non solo il couturier ma anche l’uomo e l’imprenditore». Radici e non nostalgia, dunque.
L’atleticità come libertà di muoversi e non sfida. Ecco il perché dello stadio: le sneakers sotto i pepli o i gilet protettivi della scherma (realizzaappoggiato. ti da un’azienda che fa giubbotti da moto) come accessorio o le tute e i leggings dal mondo della danza. E ancora le sacche sportive e i cappelli e le canotte. Infine la «mission», sempre la stessa, il dialogo con il territorio: l’artigianato scoperto e valorizzato e Tessuti e lavorazioni che si ritrovano.
«Un progetto importante e complesso questo, ancora più di Lecce — spiega Maria Grazia Chiuri —. Ma siamo contenti per essere riusciti a lavorare con artigiani locali che hanno specificità diverse rispetto Italia e Francia ma il confronto ci aiuta a capire come muoversi nell’oggi». E poi l’arte, con le collaborazioni con Pietro Ruffo e le citazioni: da Giorgio De Chirico ad Alexander Iolas che la stilista ha conosciuto attraverso Francesco Vezzoli. Lo show è un grande show: illumina la notte di un’Atene provata dalla pandemia (negozi chiusi, proteste, turismo ancora lento). Fuochi d’artificio e una coreografia emozionante nell’immenso catino del Panathinaiko, lo Stadio di marmo, con la performance della cantante Johanna e un’orchestra ad accompagnarla. Il colpo d’occhio è grandioso fra la maestosità del luogo e la leggerezza degli abiti per lo più nelle sfumature del bianco e dell’oro e dei blu di Grecia.
Gli sforzi non sono stati vani, i cliché sono scongiurati e il desiderio sui pezzi acceso: «Tutte le volte che notavo qualcosa che rientrava negli stereotipi mi fermavo», racconta la stilista che arriva, all’opposto, a profanarli questi miti, tirandoli giù dai piedistalli e facendo calzare loro sneaker o ciclista o bralette. L’approccio di Maria Grazia Chiuri è un passo avanti, sempre. Verso il mercato? Anche, sì. Dove è il problema? Non sognava di conquistare i mercati anche monsieur Dior ed era il 1950! Oltre al resto: «Identità di genere? Ma io mai mi sono svegliata guardandomi allo specchio e pensando “sono di sesso femminile”. Ma semplicemente che sono io, Maria Grazia». Arrivando diritta alla moda: «Il peplo femminile? Ma non c’è capo più unisex, da sempre. Nasce per entrambi. Non ha forme, si drappeggia sui corpi…». Rileggendo la storia: «La mitologia al femminile non esiste, si trasforma. Ma la figura della grande madre ritorna. Non esistono divinità donne». In realtà ad essere lì ad Atene l’altra sera ad ammirare il red carpet di «dee» se ne sono viste: da Beatrice Borromeo a Valeria Golino a Cara Delavingne alla splendida Anya Taylor-Joy.