La fatica di essere Greci e Latini «La Lettura» alla sfida dei classici
Sul #499 Marilynne Robinson, Silvia Avallone e il dibattito in America
Martin Luther King scrisse di essere stato ispirato, nella sua lotta non violenta, dalla disobbedienza civile di Socrate. Eppure i classici in generale e in particolare gli antichi greci e latini, finora considerati capisaldi della civiltà, stanno passando un periodo difficile negli Stati Uniti. A Princeton ci si può laureare in Lettere classiche senza conoscere lingue antiche (bastano le traduzioni) e la Howard University, che laureò Toni Morrison, ha chiuso la facoltà di Lettere antiche. Tra cancel culture ed esasperazione del politically correct, l’accusa al greco e al latino è quella di essere pertinenze della supremazia bianca e del colonialismo.
Affronta questi temi il nuovo numero de «la Lettura», il #499, già da oggi in anteprima nell’App e da domani in edicola. Due autrici come Silvia Avallone e l’americana Marilynne Robinson aprono il supplemento confrontandosi con le asprezze e le bellezze dei classici di epoche diverse dalla nostra. Marilynne Robinson ripercorre il suo rapporto con Dante, ricordando l’impresa di codifica della lingua volgare e definendo il poeta una «luce potentissima che illuminò tanta parte della Terra». Silvia Avallone ragiona sulla barbarie del mondo narrato da Omero nell’Iliade, in cui la condizione delle donne era di vittime, di trofei, di «vinte», e interroga il classico dalla prospettiva della propria identità, conquistata, di scrittrice e di donna.
Proprio perché lontani da noi, i classici appaiono utili a capire come siamo arrivati fin qui: lo sostiene John McWhorter, linguista della Columbia University, intervistato da Costanza Rizzacasa d’Orsogna: cancellare le lettere classiche significherebbe anche per gli Stati Uniti «cancellare una parte di noi», anche dal punto di vista linguistico.
Arricchire la conoscenza illumina i punti oscuri delle vicende storiche, forse più di tante cancellazioni: la docente Saidiya Hartman ricostruisce e ripercorre le rotte del traffico di schiavi dal Ghana agli Stati Uniti nella sua indagine narrativa Perdi la madre (Tamu Edizioni): ne parla nell’intervista di Viviana Mazza. L’esame delle fonti può aiuta- re a ripristinare la verità stori- ca: il British Museum dedica una mostra a Nerone (fino al 24 ottobre), dove emerge come il mito negativo dell’imperatore «folle» sia nato a posteriori da ambienti senatoriali irritati dal populismo del despota: ne scrive Luigi Ippolito.
Tra gli altri temi del supplemento, i conflitti nell’ex Jugoslavia, a trent’anni dalle dichiarazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia (1991). Gli storici Jože Pirjevec e Stefano Bianchini ripercorrono quella stagione cruenta ma anche la situazione odierna di quei Paesi, nella conversazione a cura di Antonio Carioti. Completa la sezione, l’articolo di Francesco Battistini che ricostruisce la cronistoria delle guerre balcaniche; mentre alcuni giovani artisti dell’Europa centrale e dei Balcani, ospiti al festival Mittelyoung di Cividale del Friuli (24-27 giugno) raccontano come vedono, oggi, le crisi e i conflitti affrontati dai padri.
Molti gli scrittori sul numero. Chuck Palahniuk racconta il nuovo libro L’invenzione del
suono (Mondadori) intervistato da Marco Bruna; l’incipit del suo romanzo è oggi il Tema del Giorno nell’App de «la Lettura». Larry Watson narra l’America di frontiera nel suo Uno di noi (Mattioli 1885): lo intervista Annachiara Sacchi. Chiudono il numero due racconti: Teresa Ciabatti (autrice di Sembrava bellezza, Mondadori) narra con ironia una «prima volta», l’impatto con il passare del tempo, quando «ti chiamano signora» (e ti offrono una sedia); e l’inglese Benjamin Myers (autore di All’orizzonte, Bollati Boringhieri) scrive di un’estate dell’adolescenza, tra giochi, sfide e prove di amicizia.