Corriere della Sera

Commedia & malavita

«School of mafia» si prende gioco dei boss di Cosa Nostra allungando la lista dei film dallo humor nero: da Benigni a Pif ai Manetti Bros.

- Valerio Cappelli

Arriva nelle sale la storia da ridere con Frassica e il giovane Ragno

Ridere di mafia è diventata Cosa Nostra. Ci si può prendere gioco dei boss, dissacrare la prepotenza nel rispetto delle vittime? Sì. Tanto. E spesso. Al cinema è diventato un genere, dal sosia di Johnny Stecchino con Benigni, ai paradossi ironici con sprazzi di inchiesta che Pif travasò in La mafia uccide solo d’estate, su Palermo sconvolta dagli attentati, fino ai graffi grotteschi di Franco Maresco, che a 25 anni dalle stragi di Falcone e Borsellino ha portato alla Mostra di Venezia La mafia non è più quella di una volta. In mezzo c’è Al Capone preso di mira sia da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia che da Billy Wilder in A qualcuno piace caldo con i giganti Jack Lemmon e Tony Curtis travestiti da donna.

Se Peppino Impastato sbeffeggia­va la lupara alla radio, e se anche la camorra con i Manetti Bros. non si salva dalle risate in chiave di musical (Ammore e malavita), in Quel bravo ragazzo di Enrico Lando un boss sul letto di morte prepara il figlio a diventare suo successore. C’è un film sulla falsariga di questa ennesima variazione sul tema: School of mafia di Alessandro Pondi (in sala dal 24 per 01). La scuola è quella che vogliono impartire tre genitori, Paolo Calabresi, Fabrizio Ferracane e Emilio Solfrizzi che dicono, sconsolati, «uno passa la vita a sparare, a estorcere, e…». Il loro dramma è che hanno come figli tre bravi ragazzi. Vivono a New York dove le famiglie gestiscono ogni traffico illegale: uno (Guglielmo Poggi) odia tanto il padre da iscriversi all’Accademia di polizia; l’altro (Giuseppe Maggio) sogna di diventare rockstar e partecipa a un talent.

E poi c’è Michele Ragno che sogna di diventare coreografo e ballerino ed è «in cerca della sua identità, ha una sessualità fluida. Non sono il figlio che il padre desidera. l film si prende gioco degli stereotipi sui mafiosi, ma è anche una storia di incontri-scontri tra padri e figli, che non vogliono seguire le loro orme criminali». Un gay in una famiglia d’onore, troppo per quei padri-padrini. Decidono di rapire i figli per spedirli in Sicilia, «a lezione» da Don Turi ’u Appicciatu­ri, interpreta­to da Nino Frassica il quale li accoglie così: «Non conoscete il rispetto e se non lo conoscete ve lo “impariamo” noi».

Michele Ragno, segnatevi questo nome. La comicità «scorretta» di Checco Zalone, l’autorialit­à di Sergio Rubini, l’ombrosa sensualità di Riccardo Scamarcio. Adesso la Puglia sforna la freschezza di Michele Ragno, 25 anni.

Fa impression­e la lista di artisti con cui questo ragazzo di Trani venuto dal nulla ha già lavorato. Con Marion Cotillard in Jeanne d’Arc au Bucher al Festival di Spoleto: «Ero talmente emozionato che quando me l’hanno presentata ho storpiato il mio nome senza avere più il coraggio di dirglielo»; Emma Dante: «Il saggio su Le Baccanti che ho fatto con lei all’Accademia è diventato uno spettacolo, è stato un rapporto di amoreodio, un lavoro viscerale sul corpo, mi ha trasformat­o, strigliato, portato al limite»; Stefano Accorsi nella serie tv 1994; Marco Bellocchio in Esterno Notte su Aldo Moro: «Sono il suo assistente universita­rio, colui che riceve la telefonata delle BR con l’annuncio del cadavere in via Caetani. Cosa mi ha detto Bellocchio sul set? Annuiva e basta. Moro e il Compromess­o storico l’ho studiato a scuola».

Nella generazion­e di attori under 30, Michele è un po’ il portabandi­era. Si arrangia vivendo con altri tre coetanei, «durante la pandemia si è trasferita da me la mia ragazza, ci siamo fatti coraggio praticando yoga, leggendo alternando­ci a voce alta Murakami».

Quello che il padre carpentier­e ha insegnato a Michele Ragno è accogliere le proprie aspirazion­i. «Sono cresciuto a Barletta, mamma era quella più in pensiero per me, non navigavamo nell’oro. A 7 anni, dopo il mio primo casuale incontro col teatro a scuola, mentre i parenti mi applaudiva­no anche se ero così piccolo mi sono detto: questo è ciò che farai da grande». Ha creato spettacoli che dopo sei anni sono ancora in giro. In La fanciulla con la cesta di frutta immaginano la vita dei quadri dopo la chiusura dei musei, prendono vita e si interrogan­o sulla loro identità rispetto al pittore che li ha creati.

Michele, teatro, cinema, dove vuole arrivare? «Mi piace anche il musical».

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Roberto Benigni nel film «Johnny Stecchino»
Gli altri titoli 1991 Roberto Benigni nel film «Johnny Stecchino»
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Gerini in una scena di «Ammore e malavita»
2017 Gerini in una scena di «Ammore e malavita»
 ??  ?? 2013 «La mafia uccide solo d’estate» di (e con) Pif
2013 «La mafia uccide solo d’estate» di (e con) Pif
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Nino Frassica, a destra, nel film è Don Turi ’u Appicciatu­ri, il temuto padrino che deve insegnare ai tre «bravi» ragazzi le regole del mafioso perfetto
Il padrino Nino Frassica, a destra, nel film è Don Turi ’u Appicciatu­ri, il temuto padrino che deve insegnare ai tre «bravi» ragazzi le regole del mafioso perfetto

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