NELL’ORA PIÙ BUIA
La ricostruzione della vicenda del bambino caduto in un pozzo di Vermicino nel 1981. Il regista: una ferita aperta da raccontare senza emozioni voyeuristiche
LA STORIA DI ALFREDINO IN UNA FICTION SU SKY
Un sasso rimasto nel cuore di un intero Paese, un trauma condiviso, un evento doloroso che appartiene alla memoria storica. Alfredino è un nome che per sempre evoca tragedia: «Questa storia è una ferita aperta per tutti noi che l’abbiamo vissuta e sepolta nel nostro immaginario collettivo e nel nostro intimo — riflette il regista Marco Pontecorvo —. Dopo 40 anni è il caso di raccontarla per cercare di chiuderla. Perché la tragedia ebbe anche un risvolto “positivo”: in pochissimi sanno che da quella vicenda è nata la nostra Protezione Civile, ammirata in tanti Paesi, e fondamentale per affrontare le emergenze, dai terremoti al Covid».
Il 21 e il 28 giugno su Sky Cinema e in streaming su Now Alfredino – Una storia italiana torna ad accendere la luce su quel pozzo buio che nel 1981 aveva inghiottito un bambino di 6 anni per restituirlo esanime. Una storia di grandi sospensioni e attese, di speranze e di delusioni per speranze che non si realizzano.
«Per la prima volta si bloccano tutti i programmi — spiega ancora Pontecorvo — e la televisione allestisce una diretta interminabile, come siamo abituati a vedere oggi con i canali all news. Pur avendo seguito i verbali, abbiamo cercato di uscire dalla pura cronaca, di scavare negli animi dei personaggi perché conosciamo quello che è successo a Vermicino, ma non l’intimo di coloro che l’hanno vissuto sulla pelle, non sappiamo il perché di alcune scelte. La serie è l’occasione per entrare in profondità nelle emozioni dei protagonisti e anche un modo per raccontare l’Italia del 1981 che è sfumata nei nostri ricordi, per farla assaporare anche a chi non l’ha mai assaggiata».
Pontecorvo si è trovato a fare un film con un protagonista «inesistente», perché Alfredino si vede solo in tre scene, prima di precipitare nel pozzo: «La scelta è stata di non vederlo più nel momento in cui finisce in quel buco nero, ci sembrava che non aggiungesse nulla, che fosse irrispettoso, ci sembrava di spingere l’acceleratore su emozioni sbagliate, troppo semplici, troppo pietistiche, troppo voyeuristiche. Abbiamo dato forza a una scelta diversa: il pozzo stesso è diventato un personaggio, il brusio, i rumori, lo sguardo dal buco nero verso l’alto, il suono attutito che restituisce».
Un film corale con al centro Franca Rampi (la mamma, interpretata da Anna Foglietta), «una donna fortissima che pochi minuti dopo la tragedia, distrutta dal dolore, ha avuto la forza di parlare con il presidente Pertini per dirgli che una cosa così non sarebbe mai più dovuta accadere», una richiesta che trasforma la disorganizzazione intorno alla tragedia in una struttura organizzativa — la Protezione Civile — per affrontare eventi simili. La serie (in quattro episodi) non utilizza materiale d’archivio e di repertorio, ma immerge lo spettatore nelle atmosfere dell’epoca attraverso frammenti girati con una vecchia Beta di 40 anni fa, «con un risultato molto realistico perché lo stacco rispetto alla qualità delle riprese con le telecamere di oggi è netto».
«Quello che si è dimostrato decisivo nella scelta di realizzare Alfredino – Una storia italiana — spiega Antonella d’Errico, Executive Vice President Programming Sky Italia — è stata la possibilità, ma direi ancor di più la necessità, di raccontare a tutti proprio quell’aspetto meno noto della vicenda: cosa è successo dopo, quando i riflettori e le telecamere si sono spenti. E il “dopo” è una storia di indicibile tenacia e altruismo. Franca e Ferdinando Rampi, sempre uniti, hanno lottato per migliorare quel Paese che non aveva saputo aiutarli, dando una grande lezione di vita a tutti noi. Difficile comprendere e immedesimarsi in questo comportamento, che si può solo ammirare. E conoscere. Necessariamente. Ecco perché questa storia doveva essere raccontata, a chi l’ha vissuta e ricorda l’angoscia di quell’interminabile diretta televisiva e ai più giovani che non ne hanno memoria, ma che non possono non conoscere un pezzo di storia recente del nostro Paese, che ha segnato la coscienza collettiva».
Pur avendo seguito i verbali, abbiamo cercato di uscire dalla cronaca
Il pozzo stesso è diventato un personaggio, il brusio, i rumori