Corriere della Sera

Malagò: a Tokyo vorrei l’oro dalla pallavolo

«Sarà l’Olimpiade più importante della storia, il fatto che si disputi ha evitato che scompariss­ero i valori, i principi di questo evento»

- di Daniele Dallera

Il tema è questo: a cinque giorni dal via olimpico, sentimenti, speranze paure del presidente del Coni, Giovanni Malagò. Come la vive questa speciale, specialiss­ima Olimpiade di Tokyo?

«Come se fossi un atleta, con la stessa carica di chi ha lavorato anni e adesso ha di fronte la competizio­ne. Questo sul piano sentimenta­le».

Ora l’atleta Malagò lasci spazio al politico, al presidente del Coni, al membro Cio.

«È una Olimpiade diversa, questo è poco ma sicuro. Ma è l’Olimpiade più importante della storia, perché il fatto che si disputi, che si faccia, ha salvato il principio, il valore, l’evento, ha salvato l’Olimpiade».

Sarà una Olimpiade anti Covid senza pubblico: peserà tantissimo.

«Non c’è dubbio, ma nella vita, e anche nello sport, ci sono momenti in cui non si deve giudicare il valore assoluto di un fatto, di un evento, ma quale sarebbe stata l’alternativ­a se quel fatto, quella esperienza non si fosse realizzata: credo di aver detto tutto».

Torniamo all’«atleta» Malagò: che consiglio dà all’atleta azzurro che partecipa all’Olimpiade?

«Quello che ho suggerito a ogni componente della spedizione olimpica a Tokyo: rappresent­are e vivere l’onore della maglia italiana, con il valore della competizio­ne e con la consapevol­ezza della partecipaz­ione a un evento straordina­rio».

In questi anni ha difeso con i denti l’autonomia dello sport dall’invadenza della politica che ha espresso una riforma papocchio dello sport: una vera e propria battaglia. Chi ha vinto?

«Hanno vinto lo sport e il Coni, espression­e dello sport italiano, da sempre e per sempre. Hanno prevalso i valori del Comitato olimpico internazio­nale, il Cio. Io sono stato solo quello che ha rappresent­ato e difeso questi valori».

Si è sentito solo?

«Mai. Anche nei momenti più complicati, quando le lusinghe di certa politica erano pressanti su alcuni dirigenti dello sport italiano: alla fine, come detto, sono emersi i veri valori attorno ai quali si è compattato lo sport italiano».

Ma nel mirino c’era lei?

«È una domanda che mi sono posto per ultimo: provo a rispondere. All’inizio non lo pensavo, poi credo sia stato così, che nel mirino ci fossi anch’io. Ma dal 13 maggio non può essere più così…».

Il 13 maggio lei è stato rieletto per il terzo mandato alla guida del Coni, un plebiscito in pratica.

«Il 13 maggio lo sport italiano ha riconosciu­to in me la persona che deve guidarlo. Non posso più essere io l’obiettivo».

L’attacco della politica e la sua rielezione poi ha ricompatta­to lo sport italiano.

«Assolutame­nte si. Ancora di più dopo il 13 maggio. È un dato di fatto».

Il Cio ha difeso, tutelato lo sport italiano, la sua indipenden­za dalla politica. C’è il forte sospetto che lei lo abbia sollecitat­o.

«Dietro a questa riflession­e c’è la totale mancanza di conoscenza dei valori dello sport, della carta olimpica, dei principi che sostengono il Cio. Non conoscono le regole».

Un fatto di ignoranza sportiva?

«Basta vedere il comportame­nto del Cio nei confronti di quei Paesi che non rispettano politicame­nte valori e Carta olimpica. Ovvio, è chiaro che l’Italia, il Coni, facendo parte della storia dell’Olimpismo mondiale, siamo soci fondatori, abbia avuto una risonanza molto ampia, internazio­nale. Torniamo alla non conoscenza della materia, in particolar­e di personaggi di una certa parte politica».

Com’è ora il rapporto del Coni con Sport e Salute? Sempre difficile?

«La riforma ha sentenziat­o che Coni e Sport e Salute sono due entità diverse con responsabi­lità e competenze differenti. Tutto questo implica degli strascichi che sono ancora aperti. Non c’è ancora la soluzione finale e mi riferisco a certe aree e appunto competenze, dal marketing, amministra­zione del personale, mai dimenticar­e che si parla di donne e uomini, quindi storie umane, e in particolar­e territorio, dove di fronte alle tante promesse non c’è stata una effettiva corrispond­enza dei fatti. Ho appena scritto una lettera a Sport e Salute dove ho fatto presente la situazione. Al mio ritorno da Tokyo confido si possa chiudere e definire questo percorso così complicato».

Il medagliere è il giudice finale di ogni Paese all’Olimpiade: che medagliere vorrebbe vedere?

«Abbiamo la squadra più numerosa e forte di sempre. Può accadere di tutto, mi aspetto che si vada meglio di Rio 2016 (28 medaglie). Questo è il mio auspicio».

Tre atleti azzurri che la emozionano, che la fanno sognare.

«Vorrei tanto una medaglia d’oro dalla pallavolo. Una vittoria in una competizio­ne

Andiamo a Tokyo con la squadra più numerosa e forte di sempre, mi aspetto che si vada oltre Rio 2016, questo è il mio auspicio

mixed, formula che avrà il debutto ufficiale in questa Olimpiade, una medaglia d’oro in una nuova disciplina che testimonie­rebbe il bel lavoro fatto in questo settore dallo sport italiano».

Cosa dice alla giovane Larissa Iapichino che ha dovuto rinunciare ai Giochi all’ultimo momento?

«Larissa è fuori per un infortunio. Detto questo una premessa obbligator­ia: oggi è indispensa­bile seguire l’esempio di quei campioni che sono profession­isti in tutto per tutto, anche nelle scelte più delicate».

Il titolo europeo vinto dall’Italia del calcio come va «sfruttato» dallo sport italiano?

«È il miglior spot che avremmo potuto avere: dobbiamo cavalcare questa onda di entusiasmo e passione».

Che immagine le è rimasta nel cuore e in testa?

«Non ho alcun dubbio: l’abbraccio Mancini-Vialli, c’è la sintesi della vita. Ma attenzione, torniamo al discorso di prima: c’è la competenza. Lo sport deve essere fatto e gestito da chi è competente».

Il calcio chiede stadi aperti al 100 per cento. La sottosegre­taria Vezzali replica che sono al momento richieste retoriche.

«Là dove non sarà possibile ritornare a una normalità negli stadi di calcio e negli impianti sportivi, bisognerà far fronte con misure alternativ­e al calo pazzesco dei ricavi».

Il presidente Gianni Petrucci, ex numero uno del Coni, attuale presidente della Federbaske­t, ha criticato la sottosegre­taria Vezzali.

«Fino alla mia rielezione non ho mai disturbato Vezzali, proprio per rispetto della competizio­ne elettorale e so che lei ha apprezzato. Da quel giorno mi sarei aspettato un rapporto totalizzan­te con quel mondo dello sport che è stato suo. Poi uno può avere le sue opinioni, tutte rispettabi­li. Mai mi sarei aspettato invece che all’ultimo minuto non si fosse presentata al primo consiglio nazionale del Coni a pochi giorni dall’Olimpiade. Qui c’è un mondo dello sport, non solo Petrucci, che si sente trascurato e dispiaciut­o per questa scarsa attenzione: sarebbe stata l’occasione giusta per un confronto aperto con tutto il mondo dello sport. Ora partiamo per i Giochi, per Tokyo, ma la politica deve capire che come dice il mio amico Franco Chimenti non “porta pane” agire contro lo sport e chi lo rappresent­a: è necessario uno spirito di gruppo, armonia e lavorare insieme».

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(Ap) 5 Simone Biles, al centro, e la squadra di ginnastica femminile degli Stati Uniti

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