La vittoria di Titane e la gaffe di Spike Lee
«Ha trionfato una donna perché è stata riconosciuta la sua genialità»
Gaffe di Spike Lee che ha annunciato in anticipo la Palma d’oro del festival di Cannes, assegnata al film Titane di Julia Ducournau.
«Devo fare le mie scuse a tutti, ai miei colleghi, al Festival e anche agli artisti a cui batteva il cuore per il pasticcio che ho combinato. Dovete sapere che io adoro lo sport e quando finisce una partita la prima cosa che annunci è il risultato. Per questo sono andato troppo in fretta verso il finale».
Primo in tutto: primo presidente di colore a guidare la giuria, primo (in questo ruolo) a prestare il suo volto al manifesto ufficiale del Festival, primo a spoilerare subito il vincitore della rassegna: l’annuncio praecox del regista spiazza tutti, come il suo abito che parte scuro e poi stinge nei colori dell’arcobaleno — come un dipinto di Magritte con sfumature Lgbt —, in testa un cappellino che ricorda un po’ quello di un capotreno un po’ quello di un addetto all’ascensore negli hotel di lusso.
Spike Lee è anche il primo a spiegare le scelta della Palma d’oro a Titane di Julia Ducournau, il film dove una donna fa sesso con un’auto e che molti critici avevano stroncato: chi l’ha definito un «trash test», chi «un’opera senza senso». «Ho visto tanti film in vita mia — ha detto ancora il regista —, ma Titane è il primo film in cui una Cadillac mette incinta una donna: c’è del genio e della follia, due cose che amo in questo lavoro. Certo mi piacerebbe conoscere anche il punto di vista della Cadillac...».
Non entra troppo nel merito delle decisioni, ma le scelte non sono state semplici, tutti i giurati in coro lo ammettono e il regista lo conferma: «Abbiamo discusso parecchio, tutti amavamo film diversi, in gara c’erano 24 pellicole e ci sarebbero voluti 24 premi. Ognuno ha difeso le sue scelte con passione, ognuno ha potuto raccontare e spiegare la sua visione di cinema, ma tra noi c’è sempre stato grande rispetto». Ha vinto una donna, ma Julia Ducournau non ha vinto perché donna: «Non era questo il punto», taglia corto la regista Jessica Hausner, tra i membri di una giuria che quest’anno era composta da cinque donne e quattro uomini.
Che ci siano stati confronti e discussioni lo dimostrano anche i due premi ex aequo. Evidentemente è stato impossibile scegliere. Così chi si aspettava uno Spike Lee monarca assoluto è rimasto deluso. Lui ci aveva scherzato su alla vigilia: «Abbiamo opinioni diverse, ho promesso che non sarò un dittatore». Salvo aggiungere con il solito colpo di ironia: «Se la giuria è divisa quattro contro quattro, sono io che decido!». In realtà sembra essere andata diversamente, e l’uomo che ama lo sport — dove alla fine vince sempre qualcuno — in qualche caso ha preferito puntare al pareggio.
Julia Ducournau è invece incredula, piange, parla inglese alla platea a maggioranza francese, confusa e felice: «So che il mio film non è perfetto, ma la perfezione è un vicolo cieco» ha detto prima di ringraziare la giuria per «aver riconosciuto il bisogno affamato e viscerale che abbiamo di un mondo più fluido e inclusivo» e per «aver essere andata incontro alla richiesta di più diversità nelle nostre esperienze cinematografiche e nelle nostre vite. Grazie alla giuria per aver lasciato entrare i mostri».
I due riconoscimenti ex aequo hanno dimostrato diverse identità di vedute