Anatomia di un disastro
Allarmi sottovalutati, rimpallo tra autorità nazionali e locali E un sistema europeo che monitora (quasi) solo i grandi fiumi
Al quarto giorno di emergenza la domanda è la stessa di molti altri disastri: l’alluvione in Germania (e in Olanda e Belgio) si poteva prevedere? Il maxi-nubifragio che si è verificato — con piogge da 150 litri per metro quadrato al giorno, per giorni — non ha precedenti negli ultimi 500, forse mille anni, secondo quanto dichiarato venerdì da un meteorologo tedesco.
Senza precedenti, però, non significa imprevedibile; eppure interi paesi e cittadine sono stati inondati in pochi minuti, con danni a cui non erano preparati. La questione non è solo di principio: secondo la testata svizzera Neue Zürcher Zeitung, solo il 46% delle proprietà distrutte potrà essere in qualche modo risarcito dalle assicurazioni contro le calamità naturali. Poter dimostrare di avere ricevuto — e osservato — allarmi proporzionati alla portata del disastro potrebbe fare la differenza in eventuali contenziosi.
Soprattutto, molte delle vittime — almeno 168 tra Germanie e Belgio con centinaia di dispersi — si trovavano in strada senza sapere che fare. Oppure sono barricate in case a rischio che nessuna autorità ha evacuato. Come è stato possibile?
Le pagine web e social del Deutsche Wetterdienst, l’agenzia statale che si occupa delle previsioni del tempo, erano piene dall’inizio della settimana di avvertimenti sul «codice porpora», il livello massimo di allarme, che il Dwd aveva assegnato alle regioni dell’Eifel e della Mosella.
Gli allarmi inviati
E martedì sera il meteorologo della tv di Stato Felix Dietsch aveva già caricato su YouTube un video in cui stimava la portata delle piogge — 70 litri al metro quadrato in poche ore — e le aree di maggior rischio.
Il sistema europeo
In Europa è in vigore un sistema di allarme per il rischio idrogeologico implementato dopo le alluvioni del 2002, che travolsero Dresda e Praga.
Si chiama Efas — European Flood Awareness System — e serve, recita il sito, a «supportare la prevenzione di grandi eventi alluvionali e la preparazione dei territori, soprattutto nei bacini dei grandi fiumi transnazionali». Come il Reno, che scorre nelle zone più colpite dal disastro di queste ore.
Cosa è andato storto, dunque? Gli uffici dell’Efas hanno
Le autorità tedesche avevano lanciato il «codice porpora» nella loro pagina web
regolarmente avvertito le autorità nazionali in Germania, Olanda e Belgio. La professoressa Hannah Cloke, l’idrologa che ha istituito l’ente e vi collabora ancora, ha dichiarato alla Bbc che «ci sono stati allarmi». Questi «avvertivano che erano in arrivo piogge e inondazioni molto gravi: fate attenzione. Sta poi alle autorità nazionali raccogliere gli avvisi e seguirli».
Un problema, ha reso noto la ministra per l’Ambiente della Renania-Palatinato Ursula Heinen-Esser, è che l’Efas monitora soprattutto, come da programma, i grandi fiumi transnazionali. Questa volta, però, a esondare sono stati soprattutto piccoli corsi d’acqua come gli affluenti locali Ahr e Eifel.
In Germania, inoltre, ha spiegato alla Bbc una funzionaria dell’Efas, non ha aiutato «l’estrema frammentazione delle autorità nazionali, federali e locali di diversi livelli», che hanno recepito l’allarme in modi differenti e hanno dato risposte non coordinate.
Le sirene
Ad esempio nel circondario della città metropolitana di Wuppertal, nel Nord RenoVestfalia, già mercoledì 13 luglio, la sera, suonavano le sirene dell’allarme inondazione: c’era la coscienza che la situazione sarebbe degenerata in fretta.
Poco dopo, il fiume Wupper ha esondato e ha allagato il centro città. Che si è trovato meno impreparato di altri in cui l’allerta è stata recepita diversamente.
Sui social e sui media locali e internazionali alcuni cittadini protestano: «Lo abbiamo saputo troppo tardi», ha detto al New York Times un cittadino di Müsch, vicino a Treviri. «Dalle autorità non abbiamo ricevuto allerta, dell’acqua che saliva mi ha avvertito un vicino venerdì». In poche ore Müsch era coperta d’acqua e fango. «Sono vent’anni», si legge in un post su Twitter, «che la natura ci avverte che andrà in questo modo. In che grotta vivete?»