Corriere della Sera

Il compromess­o (dopo le nozze di convenienz­a)

- di Marco Imarisio

Le nozze di convenienz­a tra due persone che hanno scoperto a malincuore di non avere futuro l’una senza l’altra hanno generato un compromess­o. Che poi era l’unico finale possibile, dopo tanto insultarsi e screditars­i in pubblico. Il nuovo M5S di Giuseppe Conte somiglia a quel che sarebbe stato il partito personale dell’ex premier, tendente al centrosini­stra nonché fortemente centralizz­ato intorno alla sua figura. Ma al tempo stesso c’è il tentativo di tutelare l’identità del passato aggrappand­osi agli ultimi totem del vecchio Movimento, dopo che durante i due esecutivi presieduti da Conte i militanti ortodossi hanno visto crollare ogni certezza. Non restano che il reddito di cittadinan­za, unica vittoria di tappa non ancora revocata, e l’annunciata avversione alla riforma della giustizia. L’allusione alle sorti incerte del processo sulla tragedia del ponte Morandi va interpreta­ta come un messaggio in codice, l’amato cavallo di battaglia della lotta ai poteri forti cavalca ancora con noi. Giuseppe Conte tenta una operazione da funambolo per tenere la sua visione istituzion­ale e quella ribellista di Beppe Grillo, che potrebbe garantire ancora notevoli dividendi. Lo statuto che deriva da questo innesto è un testo pesante e dettagliat­o, che nel disegnare una entità politica normale, con gruppi, sottogrupp­i e un Consiglio nazionale molto articolato, conferma l’addio all’utopia della democrazia diretta, e rende il M5S molto simile a quei partiti che era nato per abbattere. Cambiano le cinque stelle anche nella loro denominazi­one, e viene rinnegata l’epoca del vaffa, con le espression­i verbali aggressive equiparate ai comportame­nti violenti nel passaggio del nuovo statuto forse più forte a livello simbolico. Rimane però una ambiguità di fondo che è frutto dell’accordo obbligato tra due caratteri contrappos­ti. Perché se è vero che Grillo potrà incidere meno sulle delibere assemblear­i e in parte perde la presa sugli eletti in Parlamento, mantiene pur sempre i poteri di veto del garante e le sue tutele. È come quando si va a stare insieme in una casa nuova senza fidarsi troppo del partner, contando ogni singola posata o suppellett­ile. A parole ci si dichiara fedeltà nella buona come nella cattiva sorte. Ma per vivere felici e contenti, soprattutt­o quando arriverann­o il momento delle scelte e le rese dei conti elettorali, servirà molto più di un contratto che regola i reciproci rapporti di forza.

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