E se la nuova guerra cibernetica segnasse un’epoca di pace?
Esiste ormai una nuova guerra, alquanto diversa da quelle del passato. Nelle sue battaglie non scorre sangue, niente viene distrutto e nessuna bandiera sventola su una terra conquistata. I suoi soldati sono hacker, dalla parola inglese «hack» (uno strumento che può spezzare, tagliare ma anche inserirsi all’interno di un altro strumento). Il suo campo di battaglia preferito è lo spazio cibernetico e il suo principale strumento è l’uso della Rete, vale a dire un’arma intoccabile e invisibile che può tuttavia procurare all’obiettivo danni molto visibili e tangibili: annullare i dati necessari per il funzionamento di altre macchine, distruggere una centrale elettrica, dare o togliere la luce a una intera città, paralizzare una centrale nucleare. Questo uso piratesco della cibernetica, per esempio, potrebbe anche sconvolgere un sistema costruito per la distribuzione delle acque in una zona naturalmente arida, con grandi danni per la economia agricola di uno Stato. La prima guerra cibernetica è probabilmente quella che scoppiò nell’aprile 2007, quando la piccola Estonia (un milione e 300.000 abitanti) decise di rimuovere dalla piazza centrale della sua capitale (Tallinn) un monumento al soldato sovietico eretto negli anni in cui il Paese si chiamava «Repubblica Socialista Sovietica Estone» e apparteneva all’Urss. Mosca decise di «darle una lezione» mobilitando i suoi hacker e scatenando una bufera informatica che paralizzò parecchie attività politiche e amministrative di questo piccolo Paese. Ma l’Estonia è molto avanzata in questo campo ed è possibile che i russi volessero anche mettere alla prova i suoi strumenti. Vi è stato poi un attacco russo alla Georgia, «colpevole» di essere intervenuta con le armi in una crisi che metteva in discussione l’esistenza della Ossezia del Sud. Le provocazioni più recenti, infine, hanno raggiunto il territorio degli Stati Uniti e il presidente Joe Biden, dopo l’incontro con Putin a Ginevra, ha chiesto ai russi di smettere le loro operazioni.
La vicenda è interessante perché potrebbe dimostrare quanto l’informatica possa influire sulle relazioni internazionali. In altri tempi, dopo uno scambio di insulti (fra cui il «killer», assassino) usato da Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, contro Vladimir Putin e dopo le sanzioni occidentali contro la Russia in vigore ormai da qualche anno, i due maggiori protagonisti della politica internazionale potrebbero essere sull’orlo di un sanguinoso conflitto. Oggi, invece, ciascuno dei duellanti preferisce infastidire l’avversario con misure molto sgradevoli, ma sostanzialmente innocue. Vi saranno probabilmente altre guerre, ma l’esistenza delle ben più micidiali armi nucleari, a cui i duellanti potrebbero ricorrere, ha reso i protagonisti della politica internazionale più prudenti. L’epoca della guerra cibernetica potrebbe essere un’era di pace?