FUKSAS E IL BORGO DEI SUOI SOGNI «QUI MI VENGONO LE IDEE MIGLIORI»
Con la moglie Doriana nella casa restaurata a Castelnuovo nella campagna Senese «Ma che fatica poi dover ritornare in città»
Per una volta non si parla di architettura, di nuovi progetti o del futuro delle megalopoli che verranno, ma al massimo del destino dei piccoli borghi: «Partendo da questa esperienza del Covid si è capito che tutto può funzionare, che possiamo aprire l’Appennino e anche i piccoli centri e borghi a nuovi abitanti se diventano un luogo facilmente connesso con cablaggio e col digitale».
Sembra davvero un altro Fuksas il Massimiliano che ha scelto (assieme alla moglie Doriana) la campagna tra Siena e Castelnuovo Berardenga come buen retiro. In qualche modo lontano anni-luce dall’archistar della nuova Fiera di Rho e della Nuvola di Roma, più attento (anche se forse lo è sempre stato) alla dimensione umana: «Quando sono qui, mi piace andare a Castelnuovo a prendere il caffè al Bar Centrale, la gente passa, io saluto, loro mi salutano e poi passano oltre, amo la discrezione di questa gente, è un modo per farmi capire che mi hanno accettato».
Certo il panorama conta: «Davanti a me adesso vedo la Val d’Orcia, a destra Siena, in lontananza il Monte Amiata». E conta certo anche la casa (ristrutturata «in modo da lasciarla intatta»): un complesso di abitazioni rurali con un nucleo più antico medievale che risale al Trecento, e che con tutta probabilità doveva essere un edificio a carattere religioso, con tanto di badia, con tanto di una torre e con tanto di annessi aggiunti nei primi anni dell’Ottocento, sempre e comunque con «destinazione d’uso» agricola.
Ma non è certo per il panorama è nemmeno per la casa che qui Fuksas confessa di aver disegnato «cose bellissime»: piuttosto per «la dignità» della gente che ci vive da sempre e per «la non-mondanità» di chi l’ha scelta come «luogo dei sogni» (il regista di «Ritorno al futuro» Robert Zemeckis). E anche se l’Amiata appare in lontananza, Capalbio con i suoi «riti» sembra appartenere letteralmente a un altro pianeta. Anche rispetto all’universo di un archistar: «Qui capisci che più che l’architettura conta il bar della piazza, qui capisci che è importante trovare formaggi buoni e che, insomma, puoi fare una vita molto diversa e molto migliore rispetto a quella a cui siamo abituati». Con un unico problema: «Tornare in città può essere molto pesante».
La pandemia Fuksas l’ha vissuta qui, dove era arrivato una ventina di anni fa. «Tutta colpa — confessa — di una frase che non bisogna dire mai: un mio amico, un ingegnere, viene a trovarmi a Roma e mi dice di aver comprato una piccola casa a Castelnuovo Berardenga e io, che nella mia ignoranza non sapevo niente di Castelnuovo, mi sono lasciato sfuggire: il mio sogno è avere una casa nel Senese, magari con un grande bosco di lecci alle spalle, con un oliveto a Sud, con una vista aperta sulla Val d’Orcia e con una casa non troppo restaurata. Il giorno dopo avevo già le foto e non ho più saputo dire di no, soprattutto dopo aver visto il posto e la casa».
Massimiliano e Doriana, terminati i lavori di consolidamento («Il terreno è argilloso, la zona è sismica»), inaugurano questo loro posto dopo (circa) quattro anni, per un Natale: «Il Natale qui è bellissimo perché non è freddo come a gennaio-febbraio». E cominciamo a piantare: «Tanto, tantissimo». Ma è stato in qualche modo proprio la pandemia a far loro comprendere l’unicità di questo posto: «Ho capito che non era solo il luogo per la salute, ma il luogo dove dotandoci di qualche strumento tecnologico poter continuare a lavorare, realizzando i miei disegni e i miei oggetti migliori».
La giornata ideale? «La prima cosa da fare è fare colazione, sull’aia oppure nella parata che guarda la valle, dove puoi sentire quanto è forte la natura in questa zona della Toscana, così forte che ti prende ogni giorno di più». E poi ci sono i vicini, vicinanza rigorosamente «mondanità-free» (anche se si tratta di principesse romane o di registi hollywoodiani) più che altro tra produttori di Sangiovese in purezza. Tra persone che vivono la loro vita, in modo discreto, con grande dignità: «È in fondo questa la cosa più bella, un modo di vivere che non ho ritrovato da nessuna altra parte del mondo». Con «quel calore della campagna d’estate così profondo che ti rimane appiccicato addosso». Un calore da cui è difficile staccarsi: «Sono arrivato qui dall’Uzbekistan passando per Parigi e ci rimango fino alla fine di luglio, poi ad agosto vado a Pantelleria, ma prima di rientrare a Roma, devo per forza passare di qui. Perché? Perché qui posso davvero capire se ho voglia di stare in una grande città oppure no».