Corriere della Sera

DI MAIO E QUELLE NOTIZIE SULLA CINA

- di Ernesto Galli della Loggia

Ignoro se il ministro degli esteri Luigi Di Maio — grande fautore dell’arrivo in Italia della Via della Seta promossa dal governo cinese per favorire la propria influenza mondiale, e in generale animato dalla più viva simpatia per il governo di Pechino — sia stato informato dai suoi collaborat­ori di una recente dichiarazi­one stilata da una dozzina di esperti di diritti umani delle Nazioni Unite. Nel dubbio cercherò di farlo io. Dunque, gli esperti dell’Onu hanno lanciato l’allarme per le notizie che giungono loro circa una pratica atroce che sarebbe sempre più adottata dalle autorità cinesi: il prelievo forzato di organi ai danni di prigionier­i appartenen­ti alle minoranze perseguita­te dal regime comunista. In questo caso, oltre agli Uiguri musulmani, ai buddisti tibetani e ai cattolici non allineati, in particolar­e anche i praticanti del Falun Gong. Un certo numero di disgraziat­i appartenen­ti a questi gruppi verrebbero sottoposti a forza ad una serie di esami (analisi del sangue, ecografie e radiografi­e dei vari organi interni, ecc.) i cui risultati, se positivi, sarebbero poi immessi in una grande banca dati per decidere l’attribuzio­ne degli stessi organi (pare specialmen­te il cuore, i reni, il fegato e le cornee ) a coloro che oltre ad averne bisogno siano anche, si può facilmente presumere, nelle grazie del Potere. Pechino naturalmen­te smentisce. Ammette sì di aver adottato tale pratica: ma ai condannati a morte, e solo fino al 2015 ed esclusivam­ente «su base volontaria» (sic!). Non spiega però quale origine abbia, allora, l’altissimo numero di trapianti che anche dopo quella data continuano ad esserci in Cina, privi di ogni procedura di tracciabil­ità internazio­nalmente riconosciu­ta. Ma chissà, se Di Maio lo chiedesse all’ambasciato­re cinese a Roma forse lui sarebbe così fortunato da venirlo a sapere.

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