Corriere della Sera

Gli eroi, le divinità, le battaglie Ogni isola greca custodisce un mito

- Di Eva Cantarella

Nel primo canto dell’Iliade, il dio Efesto racconta la sua triste avventura: un giorno cercò di difendere la madre Era dall’ira di Zeus, e questi lo prese per un piede e lo scagliò dal cielo. Il povero Efesto si schiantò nell’isola di Lemno, dove, per sempre azzoppato, lo raccolsero gli abitanti del luogo, i Sinti «dal rozzo linguaggio», come dice Omero. Non erano dunque greci, questi Sinti: nel nord dell’Egeo c’era chi scriveva in greco, ma parlava una lingua molto più antica, indecifrab­ile: chissà, forse la stessa che si parlava a Creta e a Santorini prima che vi arrivasser­o i Greci.

Lemno era celebre inoltre per un fatto di sangue, da alcuni considerat­o segno dell’esistenza di un matriarcat­o pregreco: un giorno le abitanti dell’isola avevano ucciso tutti i maschi, che le avevano tradite con delle straniere, e avevano fondato una comunità di sole donne. Detto tra parentesi, a prescinder­e dalla inattendib­ilità storica dell’ipotesi matriarcal­e, neppure nel mito le Lemnie erano matriarche: quando sull’isola erano sbarcati gli Argonauti si erano subito con grande entusiasmo accoppiate con questi.

Sono un’infinità gli antichi racconti ambientati nella terra e nel mare del Paese in cui affonda le radici la nostra civiltà: a Poliochni ad esempio, restando a Lemno, circa 5.000 anni fa sorgeva una città più grande della Troia omerica. E a riproporci alcuni di quei racconti ecco il libro di Giulio Guidorizzi e Silvia Romani Il mare degli dèi. Guida mitologica alle isole della Grecia (Raffaello Cortina), con le illustrazi­oni di Michele Tranquilli­ni: un portolano per viaggi reali e immaginari nel mito e nella storia.

Ma si può raccontare una terra attraverso i suoi miti? Nel caso della Grecia, non solo si può ma si deve farlo. Nei secoli precedenti all’introduzio­ne della scrittura, nelle culture orali, come per secoli fu quella greca, il compito di trasmetter­e il patrimonio immaterial­e della comunità era affidato proprio ai racconti tradiziona­li che noi chiamiamo miti (dal greco mythos, parola, racconto), e a diffondern­e e mantenerne il ricordo erano i poeti, vale a dire gli aedi e rapsodi di omerica memoria, che percorreva­no le strade della Grecia fermandosi ogniqualvo­lta trovavano un pubblico di ascoltator­i ai quali raccontarl­i.

Sono i miti, dunque, che ci consentono di conoscere le origini della cultura greca: quei miti che oggi ci vengono riproposti da Guidorizzi e Romani, collegati alla geografia e alla storia delle isole: come Lesbo, per cominciare, l’isola che vide l’«invincibil­e armata» degli Achei passare nel viaggio verso Troia, e che ospitò celebri poeti, fra i quali la più grande di tutti, quella Saffo che Platone considerav­a la Decima Musa. Persino San Paolo fece tappa a Lesbo in uno dei suoi viaggi, per non parlare di un poeta mitico come Orfeo.

La storia di altre isole è strettamen­te legata a una profession­e: Cos, ad esempio, era l’isola del dio guaritore Asclepio, dove si dice tenesse le sue lezioni e avesse la sua scuola il padre della medicina, Ippocrate, al quale è attribuito il giuramento dei medici, nella sostanza rimasto identico dal V secolo a.C. a oggi.

Esistevano anche isole che facevano sentire la loro voce contrattan­do con gli dèi il proprio destino: come Delo, l’«isola che non c’era», una

Disgrazia

Dal cielo Efesto venne scaraventa­to da Zeus sul suolo di Lemno e per l’urto restò zoppo

manciata di scogli emersa dal mare soltanto al fine di ospitare la nascita di Apollo e Artemide, i divini gemelli figli di Latona, alla quale l’isola, in cambio, aveva chiesto fama e prosperità, che in effetti erano giunte quando a Delo era stato custodito il tesoro della Lega delio-attica.

Talvolta, poi, le isole erano semplici spettatric­i di grandi avveniment­i: come Icaria, che deve il suo nome fatto che nelle sue acque era precipitat­o Icaro, figlio di Dedalo, che era incautamen­te volato troppo vicino al sole, provocando la fusione della cera che consentiva alle sue ali di volare; o come Salamina, di fronte alla quale si consumò nel 480 a.C. una delle battaglie navali più importanti della storia occidental­e. E per finire ci sono isole, come la piccola Itaca, priva di monumenti e di glorie artistiche, che continua a rappresent­are, per noi, il momento di ogni partenza e di ogni ritorno.

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Teti riceve da Efesto le armi per Achille (1630-1632) un dipinto dell’artista fiammingo Antoon van Dyck (1599-1641)

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