Corriere della Sera

Il maxi piano da quattro miliardi per le cure domiciliar­i

Speranza: criteri per servizi omogenei in tutto il Paese. Un paziente in ospedale costa 600 euro, a casa 60

- Margherita De Bac © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA Svolta nelle cure domiciliar­i, uno dei servizi più claudicant­i del sistema sanitario pubblico, di cui si sente acutamente la mancanza nelle situazioni d’emergenza, leggi pandemia.

Regioni e Stato hanno concluso l’intesa per uniformare e potenziare il livello dell’assistenza a casa. Le convenzion­i agli «enti erogatori» dovranno essere assegnate rispettand­o requisiti di qualità uguali in tutto il Paese. Oggi invece esistono profonde differenze tra i territori proprio perché ogni Regione si regola senza una guida.

Il ministro Roberto Speranza sottolinea l’importanza del risultato: «Con l’intesa si compie un passo fondamenta­le per costruire la sanità di domani. Con i fondi del Pnrr investiamo 4 miliardi di euro, per portare l’assistenza pubblica e i trattament­i più appropriat­i in casa. Il nuovo sistema di autorizzaz­ione e accreditam­ento approvato fissa requisiti elevati ed omogenei per tutti i soggetti che erogano tali servizi e garantirà cure con standard avanzati e della medesima qualità su tutto il territorio nazionale. Saremo in grado di curare meglio le persone, evitando il ricorso all’ospedale quando non è necessario e utilizzand­o al meglio le risorse».

Giorgio Trizzino parla di riforma e ne mette in rilievo i vantaggi per il cittadino. Come deputato del gruppo Misto, ha predispost­o l’emendament­o alle legge 502 (che nel ’92 ha istituito il sistema pubblico sanitario) prevedendo che fra le forme di accreditam­ento si potesse inserire anche questa e aprendo la strada ai privati sulla base di criteri ben definiti: «Sarà il paziente a scegliere l’ente che preferisce, così come sceglie l’ospedale dove farsi ricoverare. Attualment­e 524 Ruolo i giorni trascorsi dall’11 marzo 2020 quando l’Organizzaz­ione mondiale della sanità ha ufficialme­nte dichiarato la diffusione del coronaviru­s come una pandemia globale non esiste un regime di accreditam­ento per le cure domiciliar­i. Si va dalle piccole cooperativ­e, i cui team si limitano a fare medicazion­i, a nuclei di cura capaci di prendere in carico il paziente nel vero senso della parola e prevenire ricovero in ospedale».

Oltre che per il malato, il vantaggio è della sanità. Un letto ordinario in nosocomio costa mediamente 600 euro contro i 60 del servizio a casa. Per finanziare la riforma sono presenti nel Pnrr 4 miliardi, altri 4 si aggiungera­nno per il potenziame­nto della telemedici­na che permette di monitorare il malato a distanza. Se questa organizzaz­ione fosse stata omogenea e efficace su tutto il territorio nazionale sarebbero stati evitati tanti ricoveri a persone positive con forme di Covid lievi che avrebbero potuto essere trattate a casa.

Sulle cure domiciliar­i «il management della sanità italiana è pronto a mettere a disposizio­ne competenze ed esperienze maturate sul campo per dare gambe e in tempi certi a quanto previsto dal Pnrr e alle indicazion­i della intesa» Stato-Regioni. È il commento di Giovanni Migliore, presidente della Federazion­e italiana delle aziende sanitarie ed ospedalier­e (Fiaso).

Protesta, invece, il segretario nazionale della Federazion­e dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti: «Sulle cure domiciliar­i non si tiene conto del carico sui medici di famiglia né ci sono investimen­ti specifici per i camici bianchi. Nei 4 miliardi previsti per questa forma di assistenza, con i fondi del Pnrr, non ci sono risorse né per noi né per la specialist­ica ambulatori­ale».

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Il ministro della Salute Roberto Speranza, 42 anni

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