Il maxi piano da quattro miliardi per le cure domiciliari
Speranza: criteri per servizi omogenei in tutto il Paese. Un paziente in ospedale costa 600 euro, a casa 60
ROMA Svolta nelle cure domiciliari, uno dei servizi più claudicanti del sistema sanitario pubblico, di cui si sente acutamente la mancanza nelle situazioni d’emergenza, leggi pandemia.
Regioni e Stato hanno concluso l’intesa per uniformare e potenziare il livello dell’assistenza a casa. Le convenzioni agli «enti erogatori» dovranno essere assegnate rispettando requisiti di qualità uguali in tutto il Paese. Oggi invece esistono profonde differenze tra i territori proprio perché ogni Regione si regola senza una guida.
Il ministro Roberto Speranza sottolinea l’importanza del risultato: «Con l’intesa si compie un passo fondamentale per costruire la sanità di domani. Con i fondi del Pnrr investiamo 4 miliardi di euro, per portare l’assistenza pubblica e i trattamenti più appropriati in casa. Il nuovo sistema di autorizzazione e accreditamento approvato fissa requisiti elevati ed omogenei per tutti i soggetti che erogano tali servizi e garantirà cure con standard avanzati e della medesima qualità su tutto il territorio nazionale. Saremo in grado di curare meglio le persone, evitando il ricorso all’ospedale quando non è necessario e utilizzando al meglio le risorse».
Giorgio Trizzino parla di riforma e ne mette in rilievo i vantaggi per il cittadino. Come deputato del gruppo Misto, ha predisposto l’emendamento alle legge 502 (che nel ’92 ha istituito il sistema pubblico sanitario) prevedendo che fra le forme di accreditamento si potesse inserire anche questa e aprendo la strada ai privati sulla base di criteri ben definiti: «Sarà il paziente a scegliere l’ente che preferisce, così come sceglie l’ospedale dove farsi ricoverare. Attualmente 524 Ruolo i giorni trascorsi dall’11 marzo 2020 quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha ufficialmente dichiarato la diffusione del coronavirus come una pandemia globale non esiste un regime di accreditamento per le cure domiciliari. Si va dalle piccole cooperative, i cui team si limitano a fare medicazioni, a nuclei di cura capaci di prendere in carico il paziente nel vero senso della parola e prevenire ricovero in ospedale».
Oltre che per il malato, il vantaggio è della sanità. Un letto ordinario in nosocomio costa mediamente 600 euro contro i 60 del servizio a casa. Per finanziare la riforma sono presenti nel Pnrr 4 miliardi, altri 4 si aggiungeranno per il potenziamento della telemedicina che permette di monitorare il malato a distanza. Se questa organizzazione fosse stata omogenea e efficace su tutto il territorio nazionale sarebbero stati evitati tanti ricoveri a persone positive con forme di Covid lievi che avrebbero potuto essere trattate a casa.
Sulle cure domiciliari «il management della sanità italiana è pronto a mettere a disposizione competenze ed esperienze maturate sul campo per dare gambe e in tempi certi a quanto previsto dal Pnrr e alle indicazioni della intesa» Stato-Regioni. È il commento di Giovanni Migliore, presidente della Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere (Fiaso).
Protesta, invece, il segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti: «Sulle cure domiciliari non si tiene conto del carico sui medici di famiglia né ci sono investimenti specifici per i camici bianchi. Nei 4 miliardi previsti per questa forma di assistenza, con i fondi del Pnrr, non ci sono risorse né per noi né per la specialistica ambulatoriale».