Corriere della Sera

Gherardo Colombo: 166 persone in mare, dateci un porto sicuro

L’ex pm, presidente di «ResQ People»

- di Virginia Piccolillo

ROMA No da Malta. Nessuna risposta dai porti italiani contattati. Niente nemmeno dal Viminale. Attende ancora un porto la nave ResQ People. Malgrado gli appelli lanciati dal presidente onorario della Onlus, ed ex magistrato del pool Mani Pulite.

Gherardo Colombo qual è la situazione a bordo?

«Ci sono 166 persone, con minori, incluso un bambino di nove mesi. Attualment­e in condizioni sanitarie discrete anche se psicologic­amente molto provati. Ma restare così ammassati può favorire l’insorgere di problemi».

Dov’è la nave?

«Abbiamo cercato una situazione che consentiss­e di passare la notte tranquilla tra Capo Passero e Siracusa. In attesa di una possibilit­à di sbarco».

Erano in acque maltesi, perché Malta non li ha accolti?

«La ResQ era la Alan Kurdi. Noi l’abbiamo acquistata, ma ancora batte bandiera tedesca. Quindi ci hanno detto di andare in Germania. Ma bisognereb­be arrivare nel Mare del Nord. Serve un porto più vicino».

Quindi?

«Secondo me devono intervenir­e le autorità italiane. L’articolo 10 della Costituzio­ne, la legge delle leggi, parla chiaro. Tutti coloro che nel loro Paese non possono usufruire di libertà democratic­he hanno il diritto di essere accolti. E noi il dovere di accoglierl­i. Dalla nave lo hanno chiesto a tutte le autorità».

Cosa c’entra lei con i soccorsi umanitari?

«Mi è stato proposto un anno e mezzo fa di fare il presidente onorario di una onlus che si occupa di soccorso in mare. Abbiamo acquistato la nave, iniziato una raccolta fondi, e una decina di giorni fa siamo partiti per la prima missione. Anzi sono partiti (io non sono a bordo)».

Ci sono anche minori, incluso un bambino di sei mesi Per ora le condizioni sanitarie sono discrete Ma restare ammassati può favorire l’insorgere di problemi

Com’è questa esperienza?

«È una grande emozione, quella di salvare persone. Ma la prima barca acquistata ci è stata sottratta dalla guardia costiera libica, in acque peraltro maltesi. E quindi c’è anche grande tristezza. Credo che non si possano chiudere gli occhi di fronte a queste tragedie. Lo vediamo anche con l’Afghanista­n. Ci vorrebbe immediatam­ente un corridoio umanitario almeno per le donne e per i bambini che stanno fuggendo».

Ma c’è chi dice «allora fermiamo gli sbarchi».

«È giusto che le persone anneghino perché nessuno le salva? Se si pensa di sì, allora non c’è risposta».

Dicono che gli hot spot sono pieni.

«L’alternativ­a è: o li salviamo o non li salviamo. Noi vogliamo provare a salvarli. Altrimenti cosa vogliamo fare? Provare a salvarli a casa loro, dopo questo trionfo che abbiamo appena riscontrat­o in Afghanista­n?».

Allora cosa fare?

«Non mi sono candidato presidente del Consiglio o ministro dell’Interno, non so se nemmeno se saprei farlo».

Salvini lancia l’allarme sui numeri degli sbarchi

«Quasi tutti sono arrivati con barchini. In compenso tante persone sono anche morte. Il nostro scopo è salvare quelli che rischiano di annegare, tutto il resto esula dalle nostre possibilit­à».

A bordo c’è Cecilia Strada che ha appreso della morte del padre durante la missione.

«Sì, ha scritto che era e resterà lì. Come avrebbe fatto piacere a suo padre».

Pensa ci sia bisogno di più missioni?

«Credo che non dovremmo essere noi a mettere in mare una nave per salvare le persone. Ma le istituzion­i».

Non è strano che un ex pubblico ministero si occupi di ripescare le persone anziché lavorare sugli accordi internazio­nali.

Le critiche mosse da Salvini? Il nostro scopo è salvare quelli che rischiano di annegare, tutto il resto non ci riguarda Non abbiamo fondato un partito politico

«Non bisogna equivocare. Noi ci siamo dati come unico scopo quello di salvare le persone che annegano».

Non le piacerebbe prendersi questa responsabi­lità?

«La mia convinzion­e profonda è che affinché cambi questo Paese occorre che cambi la cultura. Non si cambia dall’alto, ma dal basso. Non si può scegliere chi salvare. Anche noi siamo stati un Paese di immigrazio­ne e magari tra venti o trent’anni lo saremo di nuovo».

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L’operazione di soccorso della Onlus ResQ People il 15 agosto a poche miglia al largo dell’isola di Lampedusa
(foto Victor Britto) In mare L’operazione di soccorso della Onlus ResQ People il 15 agosto a poche miglia al largo dell’isola di Lampedusa

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