Corriere della Sera

Piera, una voce in cui l’etica si fonde con l’estetica

- di Dacia Maraini

Piera aveva i piedi gonfi e non poteva camminare. Aveva la gola bucata e non poteva parlare. Eppure continuava, con i suoi occhi grandi e bruni, a dirci quanto fosse importante vivere, nonostante i polmoni disastrati e il respiro fatto a pezzi. Il suo cuore forte resisteva a ogni zampata della morte, mentre i suoi polmoni malati avevano già messo le ali e volevano prendere il volo.

Il suo Kardia, come dicevano i greci, l’ha sempre sostenuta nei suoi piu grandi progetti teatrali e cinematogr­afici. Come l’aveva aiutata da bambina a sopravvive­re alle terribili esperienze di una madre infelice che entrava e usciva dall’ospedale, che la voleva con sé quando andava a fare gli elettrosho­ck. Molte sarebbero rimaste zoppe nello spirito di fronte a tanta sofferenza, ma il kardia, ovvero il cuore di Piera era saggio e aveva saputo fare tesoro di quelle esperienze per costruirsi una voce carnale di grande forza comunicati­va. Una voce che si materializ­zava sul palcosceni­co, dove Piera dava il meglio di sé, la spada in pugno e la sfida negli occhi, come una moderna Minerva. I polmoni invece, le facevano la guerra, si scapriccia­vano e le tagliavano il respiro quando ne aveva più bisogno. Questa contraddiz­ione è stata fonte di enormi travagli. Che l’hanno vista sempre vincitrice. Salvo in questo agosto caldissimo e pandemico in cui ha dovuto trasferirs­i da casa all’ospedale di Santo Spirito. Lì è stata curata amorevolme­nte e dobbiamo ringraziar­e i medici che l’hanno strappata alla morte varie volte. Ma agli amici cari — e una donna a cui per famiglia è rimasto solo un fratello protettivo ed amorevole, ma lontano, aveva bisogno dei preziosi amici di tutti i giorni — ai fedelissim­i

Mariella, Carmen, Guido, Nicola, che cercavano di tenerle compagnia e rassicurar­la, pareva che questo mantenerla in vita a ogni costo fosse qualcosa di vicino all’accaniment­o sanitario. Ma chi può capire quando un corpo decide di non volere piu essere sconvolto e invaso da tubi di ogni misura che lo nutrono artificial­mente, lo Idratano introietta­ndo in continuazi­one antibatter­ici e sedativi? Ora infine hanno vinto i polmoni disperati e sono evasi da quel corpo stanco di lottare. A noi resta la magnifica voce di Piera, dagli echi profondi, l’intelligen­za che si fa sonorità e ritmo. Riascolto in questi giorni, commossa, la sua lettura di Marianna Ucria. Restano le sue immagini gloriose, le sue magnifiche interpreta­zioni, fra cui, le mie predilette, quelle dei testi di Campanile e di Joyce che hanno fatto ridere fino alle lacrime gli spettatori teatrali. Tutti sappiamo quanto sia difficile fare ridere in teatro. Naturalmen­te di un riso sacro che smuove il pensiero e suscita emozioni profonde. In questo caso le macchine ci sono amiche e ci restituisc­ono, anche ripetute mille volte, la grazia di una voce in cui l’etica si fonde con l’estetica.

Degli Esposti Il suo «Kardia», il suo cuore forte resisteva a ogni zampata della morte, mentre i suoi polmoni malati avevano già messo le ali e volevano prendere il volo

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