«Infortuni sul lavoro, gli ispettori non bastano: più poteri ai dipendenti»
Luciano (Inail): servono figure interne forti e un «safety pass»
«Sì, per carità, contro gli infortuni sul lavoro servono più ispettori e quindi i 2.200 che verranno assunti fanno comodo, ma non è certo questa la soluzione del problema», dice il presidente del Civ (Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell’Inail, Giovanni Luciano. Che in questa intervista propone due misure dal lato della prevenzione: un ispettore «interno» e il white pass per ogni azienda.
Perché gli ispettori non sono la soluzione?
«Basta guardare a due numeri. In Italia ci sono 4,4 milioni di aziende mentre le ispezioni in un anno sono circa 80mila. Nemmeno se ne assumiamo 400mila di ispettori possiamo controllare a tappeto che le regole vengano osservate. Inoltre, le ispezioni possono fare poco se, come nei casi che hanno fatto più scalpore questa estate, le lavoratrici morte sono in regola, e le macchine pure, ma poi vengono disinnescati i meccanismi di sicurezza».
Quindi cosa propone?
«Il decreto legislativo 81 del 2008, dopo 13 anni, necessita di una completa revisione. Bisogna mettere la prevenzione al primo posto. E lo si fa non puntando solo sugli ispettori, ma sul Rappresentante per la sicurezza sul lavoro (Rsl), cioè quella figura già prevista dall’ordinamento, che viene eletta dai lavoratori, ma che finora è stata debole rispetto all’importanza della materia di cui deve occuparsi. Il Rsl invece deve diventare una sorta di ispettore interno con una formazione adeguata – non le 32 ore previste adesso – poteri immediati di intervento, un mandato di 6 anni anziché 3, e adeguate tutele rispetto a possibili ritorsioni dell’azienda in seguito a segnalazioni e denunce sulla sicurezza. Un Rsl riformato dovrebbe far sì che non possa accadere che vengano disattivati i sistemi di sicurezza di una fustellatrice o di un telaio»
Una specie di poliziotto interno?
«No, lo spirito della proposta non è affatto di introdurre sistemi polizieschi in azienda, ma di far salire il livello di partecipazione dei lavoratori in materia di sicurezza. Il loro Rappresentante aziendale, o territoriale dove le imprese sono piccole, deve avere un ruolo di primo piano, rapporti paritari con il management e poteri reali. Deve cioè poter ottenere l’applicazione dei più moderni sistemi di sicurezza e vigilare sul loro funzionamento. Le indagini di Accredia dicono che dove questi sistemi sono applicati c’è una riduzione del 15,8% di tutti gli infortuni e del 39,7% di quelli più gravi».
E perché questi sistemi non vengono applicati in tutte le aziende?
«Perché non sono obbligatori e sono costosi. Andrebbero da un lato resi obbligatori e dall’altro sostenuti con incentivi pubblici. Solo come Inail abbiamo 40 miliardi di euro depositati sul conto infruttifero della Tesoreria che non possiamo usare. E anche quest’anno, nonostante la riduzione delle tariffe assicurative, chiudiamo il consuntivo 2020 con un avanzo di 1,6 miliardi. Se vogliamo fare di più per la sicurezza sul lavoro, governo e Parlamento devono consentire all’Inail di utilizzare le sue risorse».
Da qualche anno è stato introdotto il sistema bonusmalus anche sulle tariffe Inail, funziona?
«Non è sufficiente. Ci vorrebbero crediti fiscali e altri sgravi per le imprese che migliorano i loro sistemi di sicurezza. Per questo, visto che si parla tanto di green pass, penso a un white pass o safety pass, cioè una certificazione che dovrebbe essere concessa alle aziende virtuose e che darebbe accesso alle agevolazioni aggiuntive».
I sindacati chiedono invece la patente a punti, per escludere le aziende non virtuose dagli appalti pubblici.
«Le due proposte non sono in contrasto, anzi possono essere complementari».