Il Mozart moderno (e non fine a se stesso) di Riccardo Chailly
Un programma da concerto che vede dapprima l’Ouverture da «Don Giovanni» e la «Sinfonia n.40 in sol minore» di Mozart e poi la «Sinfonia n.6 in do maggiore» di Schubert, detta «la Piccola», sembra una sorta di dichiarazione di intenti. Da un lato due delle pagine a maggior tasso di drammaticità che il salisburghese abbia mai composto; dall’altro l’opera forse più italiana, luminosa e affermativa mai scritta dal viennese. Insomma, dalle tenebre alla luce. Ma il bello del concerto inaugurale del Festival di Lucerna è che Riccardo Chailly, a capo della Lucerne Festival Orchestra, non indulge al dimostrativo. Lo si coglie nella freschezza lucente dei fraseggi: rendono ancor più convincente la scelta di tempi piuttosto mossi, privi di quel tono anche troppo accigliato che si rivela in tante altre esecuzioni. Chailly offre una lettura molto moderna del verbo mozartiano, modernità però non fine a sé stessa, perché tale luminosità nulla toglie alla profondità del pensiero formale e di Mozart e di questo Schubert.
Un notevole contributo alla riuscita della serata lo offre poi l’altissima qualità della Lfo, non il solito orchestrone di oltre cento elementi delle inaugurazioni del passato, ma una cinquantina di professori (scelti ciascuno dalle migliori formazioni europee) ben distanziati tra loro, come la platea, anche se gli applausi sembrano quelli di una sala gremita. E grosso modo così avverrà nei concerti della ricca stagione in corso che, nonostante il Covid, ospiterà a Lucerna corazzate come i Berliner, i Wiener, il Concertgebouw, il Marinskij e altre, dirette dai vari Petrenko, Blomstedt, Barenboim, Harding: insomma, il meglio che la musica sinfonica europea possa offrire oggi agli appassionati.