Addio a Müller, l’area è vuota «Era il centravanti perfetto»
Boninsegna ricorda il grande tedesco, morto a 75 anni: «Se sbagliavi lui ti puniva»
Gerd Müller è morto domenica a 75 anni. Era malato da tempo. Campione del mondo con la Germania Ovest nel 1974 e d’Europa nel 1972, ha segnato 14 gol ai Mondiali e 365 in carriera con il Bayern, tre volte campione d’Europa. Nel 1970 fu Pallone d’Oro.
Era sveglio, viveva per il gol e anche se non era molto alto ne ha fatti tanti di testa Pippo Inzaghi è forse quello che lo ha ricordato di più
Roberto Boninsegna, se ne è andato Gerd Müller. È stato uno dei più grandi centravanti della storia del calcio. Che ricordo ha di lui?
«A Messico '70 ha vinto la classifica marcatori con 10 gol, è stato irraggiungibile. A Germania '74 ha vinto la Coppa del Mondo. È stato uno dei più grandi, non bisognava insegnargli nulla».
Un vero centravanti d’area, insomma.
«Müller era un giocatore sveglio. Capiva prima l’azione e anticipava i difensori. Non era molto alto, ma ha realizzato tanti gol di testa».
Grazie a Müller la Germania Ovest ha vinto il titolo Europeo nel 1972 e i Mondiali del 1974 contro l’Olanda di Johan Cruyff.
«Finalizzava molto il lavoro di squadra. Da vero centravanti viveva per il gol. Sapeva che prima o poi il suo marcatore avrebbe sbagliato qualcosa e lui era sempre veloce, e furbo, ad approfittarne. Nel Mondiale del 1974 io non ho giocato molto, nella formazione titolare c’era Chinaglia. Ho avuto modo di seguire Gerd e posso dirlo: era il centravanti perfetto».
È stata anche merito di Müller la partita del secolo tra Italia e Germania Ovest nella semifinale del Mondiale di Messico '70?
«Quando sbagliavi una cosa, lui ti puniva. In quella partita Müller ci ha fatto due gol. A dimostrazione di quanto fosse unico. Era il classico giocatore d’area, viveva lì. Era il suo habitat naturale. Certo, poi è stato merito di tutti se quella è stata ricordata come la partita del secolo. Entrambe le squadre qualche errore l’hanno combinato. Eravamo 1-0 per noi, poi i tedeschi hanno pareggiato proprio alla fine. E da lì ci sono stati quei supplementari mitici».
Il Bayern lo ha aiutato tanto, gli aveva affidato anche la panchina di una delle sue squadre giovanili, poi è arrivata la malattia
Vi siete mai incontrati negli anni più recenti?
«Sì, un paio di volte in alcune gare di beneficenza. Ero sempre felice di incontrarlo. Purtroppo si comunicava poco, perché lui non parlava italiano, io non parlo tedesco. Comunicavamo con un po’ di inglese. Ma sono sempre rimasto in contatto con KarlHeinze Rummenigge, ex dell’Inter ed ex ad del Bayern Monaco».
Purtroppo gli ultimi anni non sono stati felici per Müller.
«Il Bayern Monaco lo ha aiutato tanto. Gli aveva affidato anche la panchina di una delle sue squadre delle giovanili. Poi è arrivata quella malattia…».
Negli anni passati, tra gli attaccanti italiani, c’è stato qualcuno che le ha ricordato Müller nel modo di attaccare l’area, di aspettare l’errore del difensore?
«Forse Pippo Inzaghi. Sì, direi lui. Perché Inzaghi è sempre stato un attaccante d’area e viveva molto anche nell’attesa della disattenzione del suo marcatore. E segnava…».