Corriere della Sera

L’Italia di Mancini un esempio di crescita anche per gli arbitri

- di Paolo Casarin

Apochi giorni dal via dei giochi ho la sensazione che anche dai nostri arbitri più esperti arriverann­o segnali di voler dare di più. Senza esagerare, ma anche dalla loro parte soffierà la volontà della crescita, come l’Italia di Mancini ha fatto vedere in Europa. Durante questa competizio­ne i migliori arbitri europei si sono affiancati a quel gioco corretto senza pretendere di sovrastarl­o con il peso dell’autoritari­smo, nostalgia ancora viva in qualcuno. Avevano capito, finalmente, che nella dimensione tipica degli sport agonistici il giocatore può trasgredir­e le regole: l’arbitro è il servitore del gioco, mai il padrone assoluto come talvolta mostra di essere. Testimone e conoscitor­e della regola, non dominatore della stessa. In questo modo a centrocamp­o, ove nascono e maturano le azioni, l’arbitro dalla prossima stagione ne dovrà accompagna­re lo sviluppo garantendo la possibilit­à ad entrambe le squadre di mantenere o conquistar­e correttame­nte il possesso del pallone. Oggi l’arbitro nello spazio centrale del terreno molte volte vuol apparire, fischiare in eccesso, ammonire, essere proprio al centro della scena e interrompe­re, o più precisamen­te rompere, il flusso delle emozioni. All’Europeo, durante alcuni primi tempi, si sono fischiati solo 5-7 falli grazie a questa capacità tecnica degli arbitri. Che nella ripresa hanno dovuto passare ad una direzione più intensa. Si potrà fare anche in Italia questa crescita, grazie all’esperienza di Rocchi e alla sua capacità tecnica di leggere il gioco. Un compito diverso e vasto spetterà a Trentalang­e, uomo capace di sviluppare la base per attirare molti giovani verso il fischietto.

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(LaPresse) Designator­e Gianluca Rocchi, 47 anni, ex arbitro

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