Corriere della Sera

LA LINGUA E IL (DIFFICILE) SALTO NELL ’INCLUSIVIT­À

- di Aldo Grasso

Troncature inclusive. «Non è sempliciss­imo leggere il pezzo di Murgia perché a un certo punto Murgia comincia a fare largo utilizzo della “schwa”, quel segno grafico che ci è stato spiegato dovrebbe essere letto come una troncatura della parola, che però dà un’intonazion­e a metà tra il calabrese e il campano che rende devo dire veramente un po’ complicata la lettura».

Durante la rassegna stampa di Radio Radicale, Flavia Fratello, giornalist­a de La7, ha tentato di leggere un pezzo di Michela Murgia, pur non condividen­done i contenuti. Ma il vero problema è stato formale, meglio orale. L’idea di ricorrere alla «e» rovesciata, con cui i glottologi simboleggi­avano un suono vocalico indistinto («schwa» è un nome che proviene dall’ebraico), è il modo con cui Murgia evita la distinzion­e tra maschile e femminile e soprattutt­o il ricorso al maschile unificante della nostra tradizione grammatica­le.

Fratello calca un po’ la mano (la voce) ma l’effetto è esilarante (è su YouTube). La «schwa», infatti, non si trova nella tastiera del computer né rientra nei suoni dell’italiano, è un artificio. E come tale sarà sottoposto alla dura legge dell’uso. Sono tempi in cui anche la scrittura s’affanna per assecondar­e la nuova sensibilit­à collettiva dell’inclusivit­à e gli esiti non sempre sono quelli sperati.

La lingua batte, dove il Dante duole.

Schwa

È una lettera usata per rendere neutro il genere

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