«Si intitoli una piazza o un teatro alla grande Milva»
Che l’Italia fosse un Paese in cui per avere onorificenze devi prima passare a miglior vita, Milva, scomparsa lo scorso 23 aprile, lo sapeva bene. Lei, regina della musica, l’unica in grado di ostacolare Mina negli anni 60 e 70, l’unica ad aver cambiato pelle e vita artistica, prima star del Festival di Sanremo e della canzone popolare anche senza mai vincere, poi musa di Strehler e diva dei grandi teatri mondiali. Lei, multilingue, ben 9 ne conosceva e cantava con orgoglio, star della Tv negli anni 80, voce ribelle dei canti della libertà sino al sodalizio con Franco Battiato che le scrollerà di dosso la celeberrima «Filanda». Provocatoria, la prima di tante, a 50 anni cantava «Hai le braghe che scoppiano» davanti a 18 milioni di telespettatori, l’unica voluta da Piazzolla per il suo tango, l’unica voluta e citata anche da Alda Merini in una sua poesia che poi divenne un progetto musicale di successo negli anni 2000. Le tante presenze in tv, l’addio dato con garbo e discrezione, lasciando il pubblico con un ultimo grande lavoro di Franco Battiato nel 2010. Ci volle una raccolta firme mastodontica e l’appello di grandi star per il premio alla carriera a Sanremo nel 2018, ritirato dalla figlia. Riconoscimento minimo, Germania e Francia decenni prima le conferirono le più grandi onorificenze. Quando ci lasciò furono tante le parole dei colleghi e le promesse, in primis dai sindaci di Goro e Milano. La prima la città dove nacque, la seconda la città cui diede la sua vita, ricambiata solo da un grande affetto del pubblico, senza premi e lustrini. Milano cosa aspetta a intitolarle un teatro, dove lei per 50 anni ha studiato e dato anima e corpo?