Corriere della Sera

Parigi, maxi-processo al terrore

In venti alla sbarra per il Bataclan e i massacri del 2015: vivo uno solo degli attentator­i. I misteri insoluti

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE S. Mon.

È un processo storico, il più grande che la Francia abbia conosciuto per un affare criminale, quello che si apre oggi a Parigi, nel vecchio Palazzo di Giustizia dell’Ile de la Cité.

I venti imputati sono responsabi­li, in gradi diversi, degli attentati del 13 novembre 2015 che fecero 130 morti e circa 500 feriti a Parigi e a Saint-Denis, nell’azione coordinata dell’Isis tra lo Stade de France, i tavolini all’aperto dell’Est della capitale, e il Bataclan dove quella sera suonava il gruppo americano Eagles of Death Metal.

Nonostante quasi sei anni di indagini alcuni punti restano oscuri. Salah Abdeslam è l’unico superstite del commando di terroristi islamici, sarà presente in tribunale e su di lui si concentra buona parte dell’attenzione. Perché quella sera non ha azionato la cintura esplosiva? Si è trattato di un difetto dell’ordigno, o è lui che ha rinunciato alla missione suicida preferendo scappare in Belgio? Resta ancora inspiegato poi perché il 31 luglio 2015 Salah Abdeslam, accompagna­to dal suo migliore amico Ahmed Dahmani, è andato da Bruxelles a Bari, in Italia, a bordo di un’auto presa a noleggio e si è imbarcato per Patrasso in Grecia, dove è rimasto solo due giorni, prima di fare ritorno subito in Belgio. Cinquemila chilometri in pochi giorni. Ci sono poi le ipotesi di attentati sfumati all’ultimo momento all’aeroporto di Roissy, a Parigi, e a quello di Schipol, ad Amsterdam.

Alcune risposte potrebbero arrivare da Salah Abdeslam, che però finora non ha mai rotto il silenzio osservato fin dall’arresto a Bruxelles, nel marzo 2016. Estradato in Francia il mese successivo, Abdeslam è incarcerat­o nella prigione di Fleury-Mérogis, poco lontano da Parigi. Il suo comportame­nto è leggerment­e mutato: dopo il mutismo assoluto dei primi tre anni, ora dedica lunghe ora alla recitazion­e di preghiere islamiche. Forse un messaggio lanciato all’esterno, perché l’imputato sa di essere registrato dalle telecamere 24 ore su 24. Di lui si sa che riceve visite frequenti da madre, sorella e zia, mentre padre e fratello sono meno assidui. Le sue condizioni psichiche hanno destato preoccupaz­ione quando sembrava ossessiona­to dalla pulizia della cella, ma viene ritenuto comunque in grado di sostenere il processo. In carcere, Abdeslam ha rifiutato la vaccinazio­ne contro il Covid.

Al di là dell’aspetto strettamen­te legato all’indagine, il processo sarà l’occasione per ripercorre­re e magari metabolizz­are l’evento più tragico che Parigi abbia conosciuto nel dopoguerra. Dopo i primi giorni dedicati alle questioni procedural­i, si passerà alle testimonia­nze dei superstiti, dei famigliari delle vittime e anche dei leader che quella sera ebbero la responsabi­lità di guidare la Francia sotto attacco: il presidente François Hollande, il premier Manuel Valls e il ministro dell’Interno, Cazeneuve. Le sentenze (molti rischiano l’ergastolo) sono attese per la fine di aprile 2022.

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